lunedì 2 febbraio 2009

La fede di Don Franco Barbero

Mi rendo conto che fino a questo momento il blog è stato piuttosto autoreferenziale, com'è giusto che sia per un blog. Mi rendo altresì conto però che ogni tanto una voce fuori dal coro non può che fare bene. Oggi pubblico la risposta di Don Franco Barbero ad una mia domanda sulla fede, che a me continua ad essere incomprensibile, sebbene rispetti talune posizioni a riguardo, come quella del gentilissimo Barbero, appunto.

Il succo della domanda:

Le propongo di seguito una considerazione sulla fede, che è l'argomento che più mi preme in questo momento, e forse il vero discrimine fra credenti ed atei. Sarebbe per me un grande regalo se lei spendesse un poco del suo tempo nel confutare le mie considerazioni, e spero che questo possa essere utile a me ed ai miei lettori, se mi dà il permesso di pubblicare sul blog la sua risposta ovviamente, per “aumentare” il livello di tolleranza nei confronti dei credenti, perché è esperienza comune che l'ignoranza dell'altro conduce al conflitto ed all'odio reciproco.


Ormai anche la fisica, con Heisemberg e il suo principio di indeterminazione, e la matematica, con Göedel ed il suo teorema di incompletezza, hanno riconosciuto che non tutto è conoscibile, che ad un certo punto la ragione deve accontentarsi di una conoscenza parziale del mondo. La scienza può aiutarci a capire qualcosa del mondo, molto poco, ma questo non sembra accontentare coloro che ritengono, in quanto uomini, di essere speciali, di meritare un posto nella vita che non sia limitato, confinato, alle leggi meccaniche o quantistiche della natura. L'assunzione di una verità rivelata pare completare questa mancanza di “senso” umano della vita, che la scienza parrebbe consegnarci.

Il ragionamento però mi conduce a pensare in questa maniera: la conoscenza procede attraverso il ragionamento sulle cose del mondo, il metodo scientifico ci insegna il discrimine tra ciò che è vero, ciò che è probabile o ragionevole, e ciò che è falso. Lo scienziato, inevitabilmente, crede in un ordine del mondo, altrimenti la sua ricerca scientifica sarebbe vana in partenza. L'ordine regolatore non è ovviamente dimostrabile, ma è ragionevole. L'esperienza, man mano che la conoscenza progredisce, conferma questa ragionevole ipotesi. Ma i credenti non si accontentano, e vorrebbero assegnare al mondo una ragione antropocentrica, un Dio creatore antropomorfo che dia un senso alla vita (alla morte). La posizione che a me parrebbe più logica sarebbe quella di accontentarsi di ciò che è conoscibile, assegnando alla fede il carattere suo proprio di irrazionale, e dunque non accettabile. La fede come strumento di conoscenza è contraddittoria, poiché non si può scegliere di credere su basi razionali, altrimenti si potrebbe credere a tutto o al contrario di tutto.

Quando propongo questo mio dubbio, i vari ministri della Parola mi dicono che la fede parla al cuore, che devo cercare nel mio cuore, che la Bibbia è la parola di Dio. A me pare che parlino a sé stessi, non mettendosi nella prospettiva di chi non crede. Non si può parlare ad un non credente presupponendo che egli creda, è paradossale! Se poi la fede è un dono di Dio, io che ne sono privo dovrei considerarmi predestinato alla dannazione, come alcune eresie cristiane hanno fatto, oppure dovrei vivere nell'attesa di ricevere il dono, cosa altrettanto irrazionale per un non credente. La questione per un non credente è proprio questa, che non è ragionevole ipotizzare un Dio creatore, che interviene nel mondo, salva o condanna, perdona ed è infinitamente buono, et cetera. E' anzi irragionevole. Se anche fosse ragionevole ipotizzarne uno trascendente, completamente separato dalla realtà, sarebbe inutile la sua essenza, poiché a tutti gli effetti non esisterebbe, ovvero non “sarebbe per l'uomo”. Mi sembra altrettanto ipocrita assumere l'esistenza di un Dio per ragioni morali, primo perché non è detto che tutto ciò che serve esiste, ed in secondo luogo perché l'agire morale non è esclusiva dei credenti, anzi, spesso sono proprio i non credenti che agiscono nella maniera "più morale". Inoltre la teoria dei giochi parrebbe offrire una morale laica assai più ragionevole di quella proposta in testi sacri scritti in epoche ormai troppo lontane dalla nostra, che costringono gli esegeti ad acrobazie filologiche ed interpretative degne di un circo. Conciliare fede e ragione, come ha cercato di fare nella nota enciclica, in maniera a mio parere sterile, il defunto pontefice, mi pare equilibrismo privo di sostanza. Insomma, del problema della fede mi riesce difficile venirne a capo.

La risposta di Don Franco Barbero:

Mi limiterò a poche osservazioni.
- Non sento alcun desiderio e non vedo alcuna possibilità di confutare la sua visione atea della vita. La trovo dignitosa, coerente, costruttiva.
- Credenti, non credenti, agnostici: tutti siamo soggetti etici e la fede non conferisce alcuna specificità o superiorità. Nessuna "cultura" da sola oggi può affrontare le sfide che sono sul tappeto. Occorre, a mio avviso, valorizzare ogni apporto uscendo da ogni pratica "esclusivista".
- La fede non si dimostra. Per me, all'interno delle mie coordinate esistenziali, la fede è la posizione che ritengo più ragionevole. Tuttavia essa non mi appare mai come razionalmente dimostrabile o priva di aporie. Non muoverei mai un dito per convincere qualcuno dell'esistenza di Dio. Semplicemente dichiaro la mia fiducia radicale in Dio a partire dalla testimonianza delle Scritture, di Gesù, della mia coscienza ed esperienza di vita.
- Ovviamente non credo a tutto e al contrario di tutto, non credo alle superstizioni e alle ideologie cattoliche ufficiali. A livello razionale sono convinto che tra Gesù e il cristianesimo non c'è continuità e parentela.
- Spero che esistano sempre più atei e agnostici che diano al mondo il segnale della libertà di credere o non credere. Non mi sento separato da nessun uomo e da nessuna donna che cercano giustizia, verità, nonviolenza. Mi sento come un fratello ed un amico. Più incontro atei, più mi sento stimolato a crescere in una fede adulta. Del resto, una delle meraviglia della vita consiste proprio, a mio avviso, nel dialogo delle differenze, nella "promozione" delle differenze.
Dialogare, camminare insieme, scambiarci opinioni, scelte, decisioni... è il sale dell'esistenza.

Non posso che ringraziare per la cordialità ed invitare i lettori di questo blog a seguire gli interventi di Don Franco sul suo di blog.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Se tutti i sacerdoti ragionassero in questo modo, sarebbe un mondo perfetto.
Poiché non è così, coloro che pensano in modo diametralmente opposto non solo esistono, ma governano la Chiesa e cercano di estendere il loro potere.
Comunque, complimenti per il botta-e-risposta: consola un po' in giorni tanto bui.