tag:blogger.com,1999:blog-76710713589300103512024-02-07T14:27:26.975+01:00BlasfemieLiberal-metalmeccanicoeffepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.comBlogger168125tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-3846192903268136722016-04-14T10:42:00.001+02:002016-04-14T10:47:50.901+02:00Clamoroso! Non sai cosa ti stanno nascondendo sulle trivelle!!1!!1! Per scoprirlo clikka qui!!1!!<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiFDD6vEXYxiS0IjidPE-tz_O2sa7Ybu1BAYp8nPl-qzqFb-_P3IIn1MJP_JYG-V02rctLdpKQDXNvSHb3CF2oLnHdxOj2IyEYBLiNc8QyJy711fJ5OSwNMAsLXRp_fzo7abpBjD9tGWDl_/s1600/Oil_platform_P-51_%2528Brazil%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiFDD6vEXYxiS0IjidPE-tz_O2sa7Ybu1BAYp8nPl-qzqFb-_P3IIn1MJP_JYG-V02rctLdpKQDXNvSHb3CF2oLnHdxOj2IyEYBLiNc8QyJy711fJ5OSwNMAsLXRp_fzo7abpBjD9tGWDl_/s320/Oil_platform_P-51_%2528Brazil%2529.jpg" width="320" /></a></div>
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Non voglio entrare nel dettaglio del referendum, delle sistematiche ragioni del sì e del no o dell'astensione. Tanto meno voglio parlare di ambientalismo (ho già dato), o di massimi sistemi. Ne approfitto però per parlare di tre principi di economia che mi sembra sfuggano e non sia affrontati nella maniera corretta anche nei post più estesi sulla faccenda, in particolare obiettando ad alcune ragioni dei propugnatori del sì, che cozzano contro elementari principi economici.<br />
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<b>1-La prima obiezione: le royalties sono troppo basse, c'è la franchigia per cui sotto una certa quantità estratta le compagnie non pagano nulla, e inoltre tutte le royalties che pagano gli estrattori possono essere scontate fiscalmente, quindi di fatto stiamo regalando le nostre risorse ai petrolieri.</b><br />
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Una royalty è un diritto a ottenere un compenso per lo sfruttamento di qualcosa che di fatto è, o viene messo, nella pubblica disponibilità da parte di qualcun altro. Si presuppone dunque che lo Stato Italiano in qualche maniera abbia i diritti di sfruttamento esclusivo sulle risorse fossili che giacciono nel territorio nazionale, e che quindi debba concedere questo sfruttamento alle compagnie estrattive in cambio del pagamento di una royalty. Innanzitutto di per sé lo Stato non ricaverebbe nessun guadagno da tali giacimenti, perché non è suo compito, almeno se si sta parlando di economie di mercato, sfruttare e commercializzare gli idrocarburi. Insomma, la nazionalizzazione delle attività di estrazione non è all'ordine del giorno. Peraltro vi sono attività paragonabili sulle quali, seguendo lo stesso principio, dovrebbero essere imposte royalties alla stessa maniera, ad esempio la pesca. Gli idrocarburi nel sottosuolo non hanno nulla di differente da tutte le altre risorse naturali (in economia si usa il termine "natural capital") che quotidianamente le diverse attività economiche sfruttano. Ciò detto, nel caso specifico la royalty è assimilabile a un'imposizione fiscale, che si applica su una quantità fisica, ovvero le tonnellate estratte, in vece di una quantità economica, ovvero il fatturato, o meglio il profitto prima delle tasse.<br />
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Tralasciando però le questioni tecniche, e per andare al cuore del problema, conviene ai cittadini che lo Stato Italiano eserciti un'elevata imposizione fiscale su questa specifica attività economica? La risposta corta è no. La risposta lunga segue.<br />
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Non conviene, perché banalmente le imposizioni fiscali introducono per loro natura delle inefficienze di sistema, e delle perdite economiche secche. Le imposizioni fiscali su questa attività, se fossero ben proporzionate, dovrebbero semplicemente servire a coprire le esternalità, ovvero i costi che queste attività scaricano sulla collettività, e non avere a che fare con degli impulsi punitivi verso fantomatiche cattive lobbies.<br />
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In regime di concorrenza perfetta, le imprese lavorano con l'equazione P=MC, ovvero il prezzo eguaglia i costi marginali (costi totali comprensivi di costi finanziari del capitale). In queste condizioni si ha la massima efficienza economica, e il massimo vantaggio per il consumatore, ovvero noi cittadini. Per tornare alla domanda del paragrafo precedente, noi cittadini dovremmo votare per quei governi che fanno di tutto per portare l'economia a lavorare nelle condizioni di massima efficienza, ovvero in regime di concorrenza il più possibile perfetta. In questo modo trarremmo il massimo beneficio dalle attività economiche, pagando il minor prezzo possibile, determinato dal costo marginale in questo caso dell'estrazione (e raffinazione, trasporto...) di quel litro di benzina con il quale io rifornirò la mia automobile, o quel metro cubo di metano con il quale mi scalderò d'inverno. Tutto ciò che paghiamo in più, e che quindi ci sottrae ricchezza potenziale, è dovuto a imposizioni fiscali e deviazioni dalla concorrenza.<br />
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Per concludere, se lo Stato Italiano aumentasse le tasse, di fatto le compagnie non farebbero altro che trasferire parte di questa aumentata pressione fiscale su tutti noi, tramite un aumento dei prezzi. Un'altra parte dell'imposizione fiscale si trasforma in perdita secca economica perché le quantità estratte diminuirebbero per compensare l'aumento stesso dei prezzi, ma questi sono argomenti che, se interessano, chiunque può approfondire in qualsiasi corso che tratti i principi di base della microeconomia. Insomma le compagnie, al netto delle parti di monopolio, fanno il prezzo in base al costo marginale, e dunque aumentare il costo marginale tramite imposizioni fiscali, sotto forma di royalties o altro, non fa altro che aumentare il prezzo, dato che la quota relativa al monopolio parziale rimane costante.<br />
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<b>2- La seconda obiezione è più veloce da smontare, e mi meraviglia che anche persone con una discreta capacità di raziocinio l'abbiano considerata come rilevante. In realtà è un'obiezione a un'obiezione. Il propugnatore del no al referendum, o dell'astensione, sostiene che la quota di idrocarburi che si perderebbe nel sospendere forzatamente le estrazioni dovrebbe essere compensata da maggiori importazioni dall'estero, che sono più costose e più inquinanti (le petroliere sono piuttosto inquinanti). Gli risponde il propugnatore del sì, sostenendo che in realtà la quota è talmente piccola in rapporto alla quantità totale consumata, che si può facilmente coprire con misure di riqualifica energetica.</b><br />
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Supponiamo con fantasia che la quota totale consumata sia 100, e che di questi 100, 3 sia il contributo domestico. 97 è dunque la quantità importata tramite tubazioni e via nave. Supponiamo anche che tramite misure di riqualificazione energetica si possa ridurre la quota consumata a 97, ma si mantengano attive le attività estrattive domestiche. La quota finale potrà essere composta da 3 di contributo domestico + 94 di importazione, ovvero avremo ridotto l'impatto delle importazioni, facendo per le ragioni dette un favore all'ambiente. Lo scenario opposto, qualora vincesse il sì, vedrebbe una quota di importazioni invariata e una quota domestica azzerata, e sarebbe uno scenario ambientalmente peggiore.<br />
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Inoltre, a fronte della vittoria del sì, poiché la decisione di aumentare le quote di importazione è neutra rispetto alla decisione di migliorare l'uso delle risorse energetiche, puntare a migliorare l'efficienza energetica delle nostre attività, che è un'ottima cosa, è totalmente non correlato alla questione in discussione. Una vittoria del sì non contribuisce in nessun modo a incentivare l'efficienza energetica.<br />
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<b>3- Occorre fare una considerazione più generale sull'economia e la ricchezza delle nazioni.</b><br />
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L'attività estrattiva richiede enormi investimenti iniziali di individuazione e prospezione delle risorse, adempimenti burocratici, costruzione della struttura estrattiva, perforazione del pozzo...<br />
Queste attività economiche sono state spese: sono un investimento. Il loro frutto contribuisce alla ricchezza della collettività, perché esso viene immesso sul mercato, e tramite uno libero scambio acquistato arricchendo sia chi lo vende sia chi lo compra (altrimenti lo scambio, banalmente, non avrebbe luogo).<br />
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Se vincesse il sì, tutte le risorse in termini di capitali finanziari o umani che sono state impiegate, sarebbero risorse "perdute", perché sono state spese. Non è più possibile impiegarle in altre attività che contribuiscono alla ricchezza della nazione, e il loro frutto è abbandonato.<br />
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Impedire che l'investimento venga sfruttato fino in fondo non impoverisce oscuri e perfidi overlords, ma impoverisce tutti noi. Sfruttare il giacimento il più possibile vuol dire migliorare le condizioni di vita di tutti noi.<br />
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P.S. Il titolo è un omaggio ai retorici delle trivelle, che saluto affettuosamente.effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-36376701458315158222016-04-01T15:58:00.000+02:002016-04-01T15:58:28.975+02:00L'equivoco ambientalista<blockquote class="tr_bq">
"It's the worst thing that could happen to our planet" - Jeremy Rifkin</blockquote>
Il duello fra ambientalisti e progressisti(?) infuria, in particolare in Italia e in questi giorni. Convivono il dibattito circa il quesito referendario sui rinnovi per l'estrazione di combustibile fossile con gli scontri, tra il cruento e il circense, tra vegani e Cruciani, con i primi che vorrebbero sopprimere tutti coloro che mangiano carne in nome della pietà e il rispetto per ogni forma di vita (intravedo una contraddizione), e l'ultimo che tenta l'esorcismo a colpi di salame.<br />
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Tornando però alla questione referendaria, chi voterà Sì, voterà per il divieto di rinnovare tutte le concessioni di estrazione a piattaforme già esistenti e funzionanti entro le 12 miglia dalla costa alla loro scadenza. Le ragioni per votare no, o non votare, mi paiono lapalissiane, per cui elencherò quelle stiracchiate (ma solo quelle pertinenti, e non i deliri) che producono i promotori del Sì;<br />
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<li>Votando sì si darebbe un "segnale" politico: l'approvvigionamento dei combustibili fossili deve finire il più velocemente possibile, perché il pianeta sta soffrendo ed è ormai già troppo tardi per rimediare, figuriamoci per rimandare ancora.</li>
<li>La percentuale di fabbisogno interno di gas e petrolio coperta dall'estrazione è così bassa che è irragionevole continuare a rischiare un disastro ambientale quando se ne potrebbe facilmente fare a meno.</li>
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E' chiaro che entrambi i punti sono piuttosto semplici da contro-argomentare. Circa il primo sono sufficienti degli argomenti tecnologici, per così dire. Circa il secondo, basterebbe possedere quattro nozioni basilari di economia (risorse scarse, costo-opportunità...). Però è su questi argomenti che si annoda il dibattito politico, circa il referendum in questione, e più in generale su argomenti e contestazioni più disparate, ma sempre della stessa specie, si articola il dibattito pubblico sull'ambiente. </div>
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Questo dibattito non mi appassiona, perché a mio parere rimane un equivoco in principio, ovvero: cosa vuol dire ambientalismo? In senso generale lo si potrebbe definire come quell'attivismo proprio di chi vuole migliorare l'ambiente in cui egli vive, sia quello prossimo che quello che potrebbe avere influenza sulla sua vita, e quindi in definitiva il pianeta. Alcuni discorsi ambientalisti possono essere già validi per orizzonti che vadano oltre il pianeta (ad esempio l'inquinamento da satelliti artificiali nella bassa orbita terrestre). Va sottolineato che in questa definizione rimane implicito, ma fondamentale, il rapporto, o la sfida, fra l'uomo e la natura (<a href="http://3.bp.blogspot.com/-yB0rHvU0W5I/T0Y-DIa6WPI/AAAAAAAAfbA/_HKG92MoAZ0/s1600/acc2036.jpg">cit.</a>). Il miglioramento dell'ambiente si intende in relazione alla funzione che esso ha per l'uomo, al contributo che l'ambiente può dare all'uomo e alla sua felicità. Questa è una posizione ambientalista del tutto razionale. </div>
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In realtà però gli ambientalisti oggi, tutti coloro che sostengono posizioni irrazionali circa le scelte ambientaliste che la politica dovrebbe perseguire, non sono ambientalisti nel senso detto, ed è solo così che si spiegano le loro tesi contraddittorie. <a href="http://articles.latimes.com/1989-04-19/news/vw-2042_1_fusion-uc-berkeley-inexhaustible">La citazione all'inizio del post di Rifkin si riferiva alla notizia di possibili passi avanti nella fusione nucleare fredda, una tecnologia che garantirà energia praticamente illimitata e pulita per l'uomo.</a> Mentre per un umanista o progressista questa sarebbe una notizia meravigliosa, per gli ambientalisti che ci ritroviamo sarebbe un disastro. Essi non vogliono sostituire i combustibili fossili con le energie rinnovabili. Anelano invece a un pianeta popolato da una manciata di individui, possibilmente tutti della loro opinione, vegani, che vivano in maniera ascetica, che rinuncino a qualsiasi pretesa di dominio sulla natura, e piuttosto si facciano dominare da essa come nel paleolitico. Ogni progresso tecnologico è per loro una sconfitta, e di conseguenza ogni dibattito circa questi argomenti, condotto da tali distanti prospettive, obiettivi e valori, è sterile.</div>
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Voglio citare, a poca distanza dall'anniversario della sua nascita, uno dei più grandi, o forse il più grande, nella Storia dell'Umanità. Un ambientalista anch'egli, Norman Borlaug, premio Nobel per la pace nel 1970, e padre della Rivoluzione Verde. Questo personaggio straordinario ha lavorato prima in Messico, poi in India e Pakistan, e solo molto più tardi in alcune regioni dell'Africa, per migliorare drasticamente la produttività del frumento e di alcuni altri cereali. Ogni volta è riuscito, salvando vite umane nell'ordine del miliardo dalla fame e dalla morte per inedia. Lo cito in conclusione perché i suoi più agguerriti oppositori, quando tentò di esportare la sua rivoluzione verde in alcune regioni dell'Africa, furono proprio i movimenti ambientalisti. </div>
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Per questi, che scrivono al caldo dalle loro belle scrivanie, sotto una luce artificiale, utilizzando spesso internet per alimentare le loro strampalate teorie, il fine è tornare al paleolitico, regredire fino allo stato selvaggio, del buon selvaggio, e curare il pianeta dall'infestazione umana (eppure pochi dànno il buon esempio). Chiarito questo equivoco, tutte le infinite e contorte discussioni che rimangono paiono rumore di fondo.</div>
effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-39664271675997974222016-02-24T10:23:00.000+01:002016-02-24T10:33:04.080+01:00Le tasse come strumento di redistribuzione del reddito<blockquote class="tr_bq">
<span style="color: #141823; font-family: helvetica, arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 19.012px;">"It is hard to imagine a more stupid or more dangerous way of making decisions than by putting those decisions in the hands of people who pay no price for being wrong."</span></blockquote>
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La supposta crescente diseguaglianza, il divario sempre più ampio fra ricchi e poveri è un punto spesso sottolineato dai cosiddetti progressisti democratici o dai socialisti, insomma dai propugnatori dello Statalismo, per giustificare sempre nuove imposizioni fiscali che mirerebbero ad attenuare detta diseguaglianza, redistribuendo il reddito.<br />
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Al di là dell'idea stessa che lo Stato abbia come missione la riduzione delle diseguaglianze, ovvero l'imposizione di un egualitarismo senza condizioni, rimane il fatto che la maniera migliore di redistribuire la ricchezza è quella di prelevare ricchezza da alcuni e trasferirla direttamente ad altri. Ovvero, se davvero l'obiettivo è redistribuire ricchezza, perché non si agisce tramite un meccanismo di <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Swap_(finanza)" target="_blank">swap, </a>ovvero di trasferimento di flussi di cassa? L'individuo in stato di bisogno beneficerebbe nella maniera che egli ritiene più opportuna della ricchezza acquisita, assecondando di volta in volta le sue necessità. Eppure il welfare non funziona mai così, ma è sempre collegato a qualche azione che i burocrati ritengono morale: l'affitto di una casa, la nascita di un figlio...<br />
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Dunque un altro livello di complessità si è aggiunto alla semplice redistribuzione del reddito, ovvero la promozione di qualche fine sociale. Quando però si esce dalla sfera individuale e si cerca di individuare dei fini collettivi, i pensieri diventano confusi e pericolosi. Questo perché a questo punto è necessario categorizzare gli individui in poveri o ricchi, famiglie o non famiglie, artigiani o non artigiani, anziani o non anziani, e così via. Il presupposto di fondo, che deve essere chiaro, è che lo Stato, ogni volta che promuove una qualche finalità sociale, ritiene i suoi cittadini non in grado di badare al proprio miglior interesse, e dunque si sostituisce a loro nella scelta.<br />
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E' certo vero che ci sono un numero di casi nei quali individualmente non disponiamo di tutte le informazioni per fare la scelta migliore ogni volta, ma, se anche io sia inetto nello scegliere per me stesso, come poi posso diventare atto e adatto a scegliere per altri, dei quali conosco poco o nulla se non una generica categorizzazione sociale, quando si tratta di votare per il partito politico A o B? Perché quando lo Stato indirizza le scelte individuali, è giustificato dal sottostante mandato democratico all'uso anche della violenza nel farlo. Dunque da una parte lo Statalista sostiene che, a causa dell'inettitudine individuale nello scegliere il meglio per sé, lo Stato è giustificato a sostituirsi nella scelta e indirizzarla; dall'altra parte lo Statalista deve accorgersi che sta sostenendo che lo stesso inetto che non è in grado di scegliere per sé, diviene improvvisamente saggio nello scegliere per degli sconosciuti, sia egli il burocrate o chi lo ha eletto.<br />
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Un altro punto ancora (<a href="http://cafehayek.com/2016/02/hands-off.html" target="_blank">traduco liberamente da qui</a>): se anche io fossi incredibilmente incapace di agire nel mio miglior interesse, una verità fondamentale è che è mia responsabilità, e me stesso devo biasimare o lodare. A nessun altro devo nulla, né alcuno mi deve nulla. Nessuno dovrebbe avere il diritto morale di metter bocca sulle scelte che io faccio circa il mio benessere o la mia vita. Chiunque, credo, preferirebbe di gran lunga rovinarsi la vita per le proprie azioni che vedersela governata da altri alla stregua di un animale da soma. Perciò rimango sconcertato quando gli stessi che predicano lo Statalismo e l'Egualitarismo contemporaneamente manifestano perché vengano affermate alcune sacrosante libertà individuali (eutanasia, aborto, divorzio, diritto a una famiglia indipendentemente dall'orientamento sessuale...). Essi contemporaneamente affermano e negano il valore della libertà individuale.effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-2603670860896274172015-12-18T11:50:00.003+01:002015-12-18T12:02:08.849+01:00Otto buoni principi di economia e una piccola storia<div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEift8Q47DU212s_McD_t4XASMGk_GONQX-1gWVxyaCmXavzpQCNWiG7bukYuZZsNYyCPW6n1n11ngDQIpOU3eaosPKJVQfEi_CZe_PeTlG24gSTbx_JD6TOc4N5uGuASgMbm-qhV4MFW77c/s1600/how-to-minimize-waste.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEift8Q47DU212s_McD_t4XASMGk_GONQX-1gWVxyaCmXavzpQCNWiG7bukYuZZsNYyCPW6n1n11ngDQIpOU3eaosPKJVQfEi_CZe_PeTlG24gSTbx_JD6TOc4N5uGuASgMbm-qhV4MFW77c/s320/how-to-minimize-waste.jpg" width="320"></a></div>
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<li>I prezzi di mercato non sono arbitrari;</li>
<li>Anche in condizioni di mercato, i costi sono sostenuti non soltanto in forma monetaria;</li>
<li>Non sono mai "aziende", "governi", "mercati" e "società" a scegliere o agire; tutte le scelte e le azioni sono effettuate da individui in carne e ossa; (il fatto che gli individui siano spesso, o persino tipicamente, influenzati nelle loro scelte e azioni dalle opinioni di altri non sminuisce questo punto);</li>
<li>le persone reagiscono agli incentivi;</li>
<li>Tutti gli scambi (di mercato) volontari beneficiano tutti coloro che vi partecipano;</li>
<li>Grandi profitti guadagnati nei mercati sono la prova che le aziende che li realizzano stanno provvedendo a servizi di maggior valore per l'umanità rispetto alle aziende che realizzano profitti minori;</li>
<li>Non c'è bisogno che la concorrenza sia perfetta (poiché perfetto è un aggettivo definito in maniera bizzarra nell'economia <i>mainstream</i>) al fine di essere intensa e grandemente efficace;</li>
<li>Pressoché nessun essere umano è inabile a produrre e fornire qualcosa di valore in cambio di qualcos'altro prodotto da altri esseri umani.</li>
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(<a href="http://cafehayek.com/2015/10/more-on-the-principles-of-economic-principles.html" target="_blank">da qui</a>)</div>
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aggiungo io un nono punto, che non è tanto un principio quanto una semplice definizione:</div>
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9. Il mercato è un luogo dove si incontrano coloro che domandano un bene e coloro che lo offrono. Questo libero incontro produce uno scambio e di conseguenza un determinato prezzo.</div>
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Questi otto principi hanno un gran valore, ritengo, nel giudicare una grandissima parte della realtà e delle dinamiche economiche, ma anche episodi pressoché insignificanti di tutti i giorni, che però trovano nuove prospettive se inseriti in questo contesto generale.</div>
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Qualche giorno fa tornavo verso il parcheggio dove avevo lasciato l'automobile, e mi soffermai a guardare la seguente scena: un'anziana signora pisana voleva riempire una bottiglia d'acqua a una fontanella pubblica. Dunque appoggiò le borse della spesa su una panchina nei pressi, prese la bottiglia vuota, s'avvicinò alla fontana, aprì il rubinetto, poi stappò la bottiglia, la riempì, non chiuse la fontanella, tornò verso la panchina, tappò la bottiglia, la ripose nella sporta della spesa, tornò poi alla fontanella e la chiuse. Ora è chiaro che una sequenza di azioni più efficiente (nel senso della riduzione dello spreco dell'acqua) sarebbe stata quella di aprire il rubinetto solo dopo aver pronta la bottiglia da riempire, chiuderlo prima d'aver richiuso la bottiglia, e successivamente ridirigersi alla panchina e riporre il tutto. </div>
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<b>4. Le persone reagiscono agli incentivi. </b>La prima sequenza di azioni, che ha prodotto uno spreco, era evidentemente per la signora più comoda della seconda, che pure non avrebbe prodotto spreco d'acqua. Nella scelta realizzata in quel momento la prima sequenza di azioni aveva a suo favore più incentivi che la seconda.</div>
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<b>1. I prezzi di mercato non sono arbitrari. </b>Ci bombardano tutti i giorni con discorsi su quanto sia preziosa l'acqua potabile, e immagino debba esser vero. Se dunque l'acqua è così preziosa, come mai ne sprechiamo così tanta? L'acqua della fontana pubblica è "gratuita", nel senso che apparentemente non si paga per utilizzarla. In realtà essa costa in termini di mantenimento delle infrastrutture che servono a portarla dalla fonte all'utenza, renderla potabile e sicura eccetera. Si può tranquillamente assumere che queste infrastrutture abbiano un costo almeno in parte proporzionale alla quantità di acqua utilizzata, dunque si può associare a quella quantità di acqua sprecata un certo costo. Eppure, riprendendo le parole di Bastiat, ciò che si vede del prezzo è 0. Naturalmente tutti noi paghiamo per quello spreco con la fiscalità generale, o con altre forme di tassazione. In ogni caso, non essendo in condizioni di mercato, in questo caso il prezzo è arbitrario, ed è arbitrariamente fissato a 0 qualunque siano i costi marginali.</div>
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Dunque per impedire questo spreco, se si chiedesse a uno statalista, probabilmente la prima proposta che avanzerebbe sarebbe quella di emanare una legge che vieta lo spreco di acqua e commina le opportune sanzioni. Questo certo fornirebbe un certo incentivo all'anziana signora, ma solo nel caso in cui ci si trovasse nelle reali condizioni di poter far rispettare la legge. Si potrebbe dunque dotare ogni utenza di un apposito burocrate (vigile, insomma) che controlli e faccia rispettare la legge. La baracca ci costerebbe così tanto più di quanto risparmieremmo nello spreco, che nessuno sciroccato, per ora, ha mai proposto una cosa del genere.</div>
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Quale altra possibilità abbiamo? Se il mercato dell'acqua fosse libero, per definizione stessa, esso determinerebbe un prezzo tale da bilanciare il costo di erogazione del servizio. Sì, certo, probabilmente sarebbe un mercato poco competitivo, ma ci sono mille maniere per ovviare al prezzo monopolistico (incentive regulations, per esempio). Tornando ai principi, un prezzo di mercato non completamente arbitrario, ma almeno parzialmente determinato dalle condizioni e dai costi marginali, avrebbe probabilmente provveduto a un incentivo sufficiente per evitare quello spreco, contribuendo in questa maniera alla ricchezza di tutti (ridurre gli sprechi vuol dire investire le risorse nella produzione di ricchezza reale, ovvero servizi di reale valore - <b>6. Grandi profitti guadagnati nei mercati sono la prova che le aziende che li realizzano stanno provvedendo a servizi di maggior valore per l'umanità rispetto alle aziende che realizzano profitti minori</b>)<br>
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Un'altra classica (ma anche ridicola) obiezione è quella della garanzia dei servizi essenziali anche per coloro che non potrebbero permetterseli a pagamento. Un classico esempio di redistribuzione del reddito. Tralasciando il dibattito sulla giustezza della redistribuzione forzosa della ricchezza come principio (<b>8. Pressoché nessun essere umano è inabile a produrre e fornire qualcosa di valore in cambio di qualcos'altro prodotto da altri esseri umani.</b>), rimane il fatto che, in questo caso, non si tratta nemmeno di quello: uno "stupido riccastro liberale" (cit.) ha lo stesso accesso di chiunque altro a quella stessa fonte, e magari la sua acqua gliel'ha pagata un povero sindacalista della FIOM.<br>
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Sullo stesso argomento mi torna in mente l'enorme polemica sulla questione delle prescrizioni delle prestazioni mediche (<a href="http://medbunker.blogspot.it/2015/10/tanto-scandalo-pernulla.html" target="_blank">decreto sull'appropriatezza prescrittiva</a>), ma si potrebbero citare mille altri casi. Purtroppo quando lo spreco non è immediatamente visibile, trascuriamo di considerarlo con il dovuto valore: se ordino 3 primi e 3 secondi al ristorante, e di questi mangio solo un piatto per portata, e gli altri due li butto, è semplice individuare lo spreco e valutarlo nella sua immoralità. Se invece mi faccio prescrivere un esame che si rivela inutile, lo spreco è forse ancora più costoso, ma non è immediatamente riconoscibile come tale. Immaginate tutte le risorse spese per l'acquisto di macchinari di diagnosi, e considerate che quelle enormi risorse potrebbero essere utilizzate per contribuire davvero efficacemente al miglioramento del servizio sanitario, o lasciate alla libertà di utilizzo dei privati cittadini (magari in quel momento qualcuno aveva bisogno di cambiare l'automobile, e invece con quella ricchezza è stato costretto a comprare ancora un altro tomografo computerizzato). Tutto ciò non avviene perché il prezzo di queste risorse costose è arbitrariamente fissato dallo Stato, che con l'altra mano lo <a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/estorsione/" target="_blank">estorce</a> ai cittadini e lo paga.<br>
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Dunque il bel risultato di ciò che falsamente appare come gratuito (sanità, scuola, acqua...) è quello che, poiché non v'è alcun incentivo a non evitare lo spreco, questo avviene e in grandi quantità. E quando c'è spreco di risorse, stiamo tutti peggio, perché quelle risorse sprecate non contribuiscono alla ricchezza di nessuno.<br>
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Concludo con due suggerimenti:<br>
1. allenatevi a vedere e riconoscere gli sprechi, i costi a loro associati, e ogni volta pensate che quella ricchezza bruciata fa stare un po' peggio tutti, i ricchi, ma soprattutto i poveri.<br>
2. quando qualcuno vi dice che un servizio è gratuito, allertate il vostro senso critico, nella consapevolezza che tutto ha un costo, e più esso è nascosto e meno lo controlliamo.</div>
effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-20002909863885919502015-10-14T17:48:00.000+02:002015-10-14T18:09:34.866+02:00Free market is "inspiring as well as right" (parte 2) - il prezzo.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhriYZBznUTJzJVmpJ6DLKm3bQX2L692BJL1N3Tt3IBZKDS5m316pc3sMCoHwQrP4pJRN-bCWkdJvhSUNSZoK_6voqKGfKs-cfwJ9_aOP29Z1ni0cBKi1mBBJfaF6Ng3HwG8hWFrelEo9ex/s1600/lavoro.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhriYZBznUTJzJVmpJ6DLKm3bQX2L692BJL1N3Tt3IBZKDS5m316pc3sMCoHwQrP4pJRN-bCWkdJvhSUNSZoK_6voqKGfKs-cfwJ9_aOP29Z1ni0cBKi1mBBJfaF6Ng3HwG8hWFrelEo9ex/s1600/lavoro.jpg" /></a></div>
<br />
continua da <a href="http://francescocontini.blogspot.it/2015/09/free-market-is-inspiring-as-well-as.html" target="_blank">qui</a>.<br />
<br />
Se mi riesce, vorrei uscire dal seminato della microeconomia classica, per giustificare quell' "inspiring" e "right" che ho a buona ragione piazzato nel titolo. Mi spiego meglio: i discorsi economici di per sé suonano sempre poco "umani", talvolta perché gli economisti (o meglio di chi scrive di filosofia economica), perdendosi nei rivoli dei ragionamenti deduttivi, forse non sono sufficientemente abili nel comunicare quanto profonda ed esistenziale sia invece la sostanza del pensiero economico liberale.<br />
<br />
L'economia ha sempre a che fare con la scarsità delle risorse. E' proprio questa che richiede uno studio della maniera migliore per la loro allocazione. Parto da qui perché una delle risorse scarse per eccellenza, e quella senza rimedio alcuno, è il tempo. Ciascuno di noi ha a disposizione 24 ore al giorno, non importa quanto sia ricco o povero. Ciascuno di noi ha poi a disposizione una vita di durata limitata, per il momento, e di nuovo per il momento un unico corpo (e mente) da sottoporre alle esperienze della vita stessa (mi viene in mente a proposito la "<a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Experience_machine" target="_blank">experience machine</a>" di Nozick). Ne consegue che se anche tutte le altre risorse fossero limitate, dovremmo comunque condurre la nostra vita e conseguentemente le nostre scelte in presenza di risorse scarse, perché almeno il tempo non è mai illimitato.<br />
<br />
Questa semplice considerazione, che è alla base della scienza economica, perché appunto riguarda le risorse scarse, ha un profondo carattere esistenziale. Mi affido qui all'iniziativa del lettore nel perseguire con completezza tutte le implicazioni di questo argomento, che soltanto per suggestione rievoca l'irriducibilità kierkegardiana dell'individuo, e l'esserCi o l'essere-per-la-morte di Heidegger. Al fine del papello in questione, in definitiva, ci basterà comprendere come la considerazione della scelta individuale di fronte alla scarsità del tempo introduca nel discorso il valore dell'esistenza stessa dell'individuo in quanto tale.<br />
<br />
Abbiamo detto nel post precedente che la curva dell'offerta si costruisce a partire dall'analisi dei costi marginali per produrre un bene. Se ricordate inoltre, la curva dell'offerta è definita come la relazione che esiste fra la quantità di bene offerto e il suo <b>prezzo</b>. Abbiamo anche detto che in regime di mercato competitivo puro le aziende sono "price takers", perché non hanno capacità di influenzare il prezzo di mercato di beni commodities. Guardandola però dal lato dell'offerta, e quindi del produttore, che informazioni possiede il prezzo di mercato? In un altro post ho parlato di un'azienda come costituita da capitali + persone. Ebbene le persone, con il loro lavoro, trasformano un bene in ingresso in un bene in uscita di maggior valore. Il tempo che esse dedicano al lavoro, e sottraggono ad altre attività, accresce il valore di un bene (trasferisce valore aggiunto) aumentandone il prezzo. Se consideriamo tutta la catena produttiva, dall'estrazione della materia prima al prodotto finito, passo passo il prezzo di un bene contiene il "sacrificio esistenziale", per metterla in maniera drammatica, di tutti coloro che hanno lavorato per accrescere il valore di quel bene.<br />
<br />
Ora consideriamo invece il lato della domanda. Abbiamo detto che la curva della domanda è la relazione che esiste fra la quantità domandata e il suo prezzo. Di nuovo, quando ciascuno di noi sceglie di acquistare un bene, ne valuta il valore misurandolo con il sacrificio che deve fare per ottenerlo, poiché dovrà pagare un corrispettivo (il suo prezzo) tramite potere d'acquisto conquistato tramite, appunto, sacrificio esistenziale.<br />
<br />
Dunque, se si considera l'incontro quasi romantico fra domanda e offerta, quello determina il prezzo di mercato, che contiene in sé una sorta di patto esistenziale fra sacrifici non misurabili, o meglio non comparabili, altrimenti che con la libera determinazione del prezzo stesso (vedi di nuovo Rothbard nella sua <a href="http://rothbard.altervista.org/essays/toward-reconstruction-utility.pdf" target="_blank">"ricostruzione della teoria dell'utilità e dell'economia del benessere"</a>). Ciascun individuo perciò valuta per se stesso quale sacrificio è disposto a compiere sotto una certa promessa di compensazione (nel marketing si parla di promise of value, o value proposition). E' una straordinaria informazione dunque, quella contenuta nel prezzo, che è indisponibile alla pianificazione dello Stato, e contiene in sé il sacrificio esistenziale di tutti i concorrenti al patto.<br />
<br />
Credo si capisca dunque quanto non si possa dire di essere liberali se non si è liberisti, nel senso che il libero mercato è il fondamento dell'affermazione della libertà come valore assoluto.<br />
<br />
Al di là dunque del carattere di efficienza dell'allocazione delle risorse insita nel libero mercato, e di ciò che abbiamo detto circa la capacità del prezzo di dirigere e allocare le risorse nella maniera più equa per tutte le parti (e qui si può leggere per esempio <a href="http://www.econlib.org/library/Columns/y2005/Robertsmarvel.html" target="_blank">Russell Roberts</a>), ancor di più, poiché garantisce la giustezza del patto esistenziale detto, il libero mercato è "inspiring as well as right".<br />
<br />
P.s. non riesco a trattare questi meravigliosi argomenti con la sistematicità dovuta, e numerosi autori hanno scritto cose magnifiche circa molti degli aspetti qui soltanto accennati. D'altronde, come detto, il tempo è una risorsa limitata!<br />
<br />
<br />effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-32290087875959124312015-09-09T10:08:00.000+02:002015-10-07T15:42:40.097+02:00Free market "is inspiring as well as right" (parte 1) - la legge della domanda e dell'offertaNon so esattamente come e in che occasione si affronti il tema del libero mercato a scuola, quello che posso ricordare è che, per quanto concerne l'economia, si fece un gran parlare di rivoluzioni industriali e di marxismo, ma poco d'altro. Per esempio non credo si affronti in maniera strutturata la pur famosa legge della domanda e dell'offerta, che invece viene lasciata alla vulgata classica che più c'è domanda, o meno c'è offerta, e più costa.<br />
<br />
Però però quest'affermazione sbrigativa non fa giustizia a uno dei più equi arbitri dell'economia e dell'allocazione delle risorse, che è il prezzo e la sua genesi. Tanto non gli si fa giustizia, e tanto non si comprende quali effettivamente sono i meccanismi che regolano il libero mercato, che poi non ci capitano che avversari della famigerata mano invisibile, ed ecco che ci ritroviamo in un mercato tutt'altro che libero: pensate soltanto a quante quote, dazi, tariffari imposti e altre maniere di corrompere il prezzo di mercato ci siamo inventati, e che impediscono la libera contrattazione.<br />
<br />
Insomma, volevo scrivere un pezzo sul valore etico del prezzo liberamente determinato, o per dirla altrimenti perorare la causa etica del libero mercato contro le spinte stataliste, dittatoriali, burocratofile, ispirato da alcune lezioni di Hayek sulla valore della conoscenza e la disponibilità di informazioni nel mercato, ma ho il sospetto che senza un'introduzione adeguata non si capirebbe granché, quindi senza far torto allo spirito didattico e didascalico, mi appropinquo.<br />
<br />
Cominciando da qualche veloce definizione, la "domanda" è la relazione che esiste fra la quantità richiesta (di un bene) e il suo prezzo. La curva della domanda dipende dall'utilità marginale che ogni individuo ha per ogni successiva unità del bene offerto. La domanda di un bene è infine la somma delle domande individuali per ciascun bene. Caratteristicamente, la relazione fra prezzo e quantità è inversa: potremmo semplificare dicendo che è inversamente proporzionale. Dunque, al crescere del prezzo diminuisce la quantità richiesta. Fin qui banalità. Il perché invece la curva sia fatta in questa maniera risiede nella cosiddetta teoria dell'utilità marginale. Si suppone, per farla semplice, che io sia disposto a pagare una certa cifra per una mela, meno del doppio per due mele, ancora meno per la terza mela e così via. Ovvero l'utilità individuale per ogni unità aggiuntiva decresce sempre. Secondo questo ragionamento si può costruire una curva della domanda individuale di mele, ad esempio per la prima mela io sarò disposto a pagare 10, ma due mele al massimo 18, tre mele 24 e così via, così che il prezzo unitario decresce al crescere della quantità.<br />
<br />
L'offerta, inoltre, è la relazione che esiste fra la quantità offerta (di un bene) e il suo prezzo. La curva dell'offerta dipende invece dal costo marginale - ovvero il costo per ogni singola aggiuntiva unità di bene, o quello che nella teoria della costificazione aziendale si chiama costo variabile - e, oltre un certo punto, la relazione fra quantità e prezzo è direttamente proporzionale, poiché i costi marginali di produzione crescono con il crescere della quantità prodotta. Dunque un'impresa produrrà un bene aggiuntivo solo se il prezzo per quel bene è pari o uguale al costo variabile economico dell'unità aggiuntiva. Ne consegue che più aumenta il prezzo del bene sul mercato, più unità di bene l'industria è disposta a produrre. La somma dei costi marginali di tutte le imprese del mercato detto genera la curva dell'offerta.<br />
<br />
Non voglio andare troppo nel dettaglio su come si costruiscono queste curve, cosa peraltro piuttosto semplice da capire, perché, come si dovrebbe intuire dal titolo, il punto del post è un altro. Però questi semplici concetti servono anche a dimostrare, al di là dell'efficienza nell'allocazione delle risorse del libero mercato, anche l'incredibile equità del meccanismo che si auto-regola.<br />
<br />
Nell'immagine che segue trovate un esempio casuale di come potrebbero apparire le curve di domanda e offerta, e il loro punto di incontro, che, effettivamente, determina il prezzo e la quantità scambiata del bene in oggetto (supponiamo sia fosforo).<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrBBof8G_dchT6_dJboHVkdvdIqXFRjy-3EbqenabOq3hy67Fq-v_8PGR2chU81tFpQoBeuX0i5ZiT-V6Y1UCHjoKCI8nOAN0T3myk4crhx7cjCf_5Bpaxbw7jnSdMe-JgImqcmpr9eF3y/s1600/offerta-domanda1.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="287" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrBBof8G_dchT6_dJboHVkdvdIqXFRjy-3EbqenabOq3hy67Fq-v_8PGR2chU81tFpQoBeuX0i5ZiT-V6Y1UCHjoKCI8nOAN0T3myk4crhx7cjCf_5Bpaxbw7jnSdMe-JgImqcmpr9eF3y/s400/offerta-domanda1.png" width="400" /></a></div>
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Perché il punto di incontro delle due curve indica poi il prezzo di mercato e la quantità scambiata? Ragionando per assurdo, se il prezzo fosse più alto, diciamo 600$ per tonnellata, le industrie vorrebbero produrre circa 215 tonnellate di fosforo, mentre a quello stesso prezzo gli acquirenti sarebbero disposti ad acquistare soltanto 65 tonnellate. Rimarrebbero nei magazzini 150 tonnellate di fosforo invendute (un surplus di offerta), e gli offerenti sarebbero costretti ad abbassare il prezzo man mano per venderle, comunque mantenendo un surplus di invenduto (uno spreco e una diseconomia per l'impresa stessa). </div>
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Al contrario, se il prezzo fosse più basso del prezzo di equilibrio, si genererebbe un deficit di produzione, e ci sarebbero ancora compratori disposti a pagare di più per accedere al bene. Questo stimolerebbe ulteriore offerta a prezzo più alto, perché il costo marginale delle quantità successive è coperto e i produttori continuerebbero a fare profitto economico. Dunque il prezzo tornerebbe al livello di equilibrio. </div>
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Dunque quando i prezzi non sono fissati dal libero mercato competitivo, ma da un agente esterno, generano surplus di produzione oppure carenza di beni. Nel primo caso, pensate per esempio all'imposizione di un salario minimo (che è come imporre un prezzo minimo, dove l'offerta è chi cerca lavoro). Detta imposizione, se il salario è superiore al punto di equilibrio, genera un surplus di lavoratori rispetto alla domanda, ovvero disoccupazione. Gli occupati fortunati guadagneranno di più di quello che avrebbero guadagnato in condizioni di libero mercato, ma nessuno garantisce che essi saranno proprio i più bisognosi (in genere succede il contrario). Se invece è inferiore non ha effetti se non di introdurre qualche inefficienza di tipo burocratico (per esempio qualcuno che controlli che detti salari minimi siano rispettati).</div>
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Nel caso opposto, l'esempio classico è il price cap (ovvero il prezzo massimo). Un esempio famoso è quello del pane: se ne fisso il prezzo massimo per ragioni "umanitarie", ovvero perché tutti devono avere accesso al pane, ottengo l'effetto opposto. Infatti se il prezzo massimo è inferiore al prezzo di equilibrio i produttori di pane produrranno meno di quanto il mercato richiede (analogamente all'esempio del fosforo). Poiché però il prezzo è fissato per legge, nessun fornaio avrà incentivo a produrre di più, visto che ogni chilo aggiuntivo di pane dovrebbe essere venduto a meno di quello che è costato produrlo. Si avrà dunque una carenza di pane, e soltanto pochi riusciranno ad acquistarlo. Con tutta probabilità lo acquisterà proprio chi ha più mezzi economici per ottenerlo, farne incetta e successivamente rivenderlo a un prezzo più alto sul mercato nero, con il risultato di avere meno pane del voluto e a un prezzo più caro di quello che si otterrebbe con un libero mercato.</div>
<br />
Queste distorsioni sono causate dal fatto che nessun burocrate è in grado di predeterminare un prezzo e una quantità equi per un bene, essendo per lui impossibile accedere a tutte le informazioni sulle condizioni di scelta individuale per l'acquisto del bene stesso. Ma su questo, che è poi l'argomento centrale, tornerò nel prossimo post.<br />
<br />
Il grafico riportato sopra non deve essere certo considerato come immutabile, perché le curve della domanda e dell'offerta cambiano continuamente al variare delle condizioni al contorno.<br />
<br />
Fattori che possono modificare la curva della domanda sono ad esempio mutate condizioni di reddito, la disponibilità di adeguati prodotti sostitutivi, le tasse sul reddito, l'aspettativa di reddito futura... Fattori che possono invece modificare la curva dell'offerta sono avanzamenti tecnologici, cambi di politica fiscale, aumentate disponibilità di capitale...<br />
<br />
Tornando al caso del fosforo, esso viene usato nei fosfati per la concimazione. Il prezzo è salito molto perché man mano le risorse minerali stanno diminuendo. Supponiamo che questo abbia spostato la curva dell'offerta nella posizione della figura precedente. Le imprese sono in questo caso incentivate a cercare nuove tecnologie e nuovi giacimenti per ricavare fosforo (di converso contribuendo alla crescita economica, ma anche questo è un argomento interessante e altrettanto off-topic). Inoltre gli utilizzatori di fosfati saranno alla ricerca di prodotti sostitutivi soddisfacenti. I due sforzi combinati, quando hanno successo, spostano le curve della domanda e dell'offerta nella maniera seguente:<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjybfkxDZT9bWBUB2qjeaQxvUsMfvvbeZBQSIgOw4wv_0zjjpRANwMWyZiEpStZnXxR3hENEBFM02naeL60iGA3sHy_zCxGW8hdgCBeqxv6EqitGAHXU1PMzYs0B8_hd_rRUXG8ibf4jcee/s1600/offerta-domanda2.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="287" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjybfkxDZT9bWBUB2qjeaQxvUsMfvvbeZBQSIgOw4wv_0zjjpRANwMWyZiEpStZnXxR3hENEBFM02naeL60iGA3sHy_zCxGW8hdgCBeqxv6EqitGAHXU1PMzYs0B8_hd_rRUXG8ibf4jcee/s400/offerta-domanda2.png" width="400" /></a></div>
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Nella figura vediamo che la scoperta di prodotti sostitutivi dei fosfati ha spostato la curva della domanda a sinistra e l'ha resa meno "price elastic", ovvero più ripida. Questo perché ora la quantità richiesta è diminuita, ma sono diminuite le possibilità di accedere convenientemente a prodotti sostitutivi (che sono già in uso), e di conseguenza anche grandi cambiamenti di prezzo non modificano di tanto la quantità richiesta, non potendo più sostituire facilmente l'ammanco di fosforo. Il prezzo e le quantità scambiate sono diminuite. </div>
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Supponendo ora che i produttori abbiano trovato maniere più efficaci per cercare minerali ricchi di fosforo, o altre maniere di ottenerlo (ad esempio le ossa animali possono essere lavorate per ricavare fosforo), anche la curva dell'offerta si sposterà più in basso e a destra.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDZdhOyLrW3UlwFVo5_7YzltHIJQboQs_I6aYtD5dc3IjE7zV1pDQP1UCeLbkVwtvPpZ6V6Pnd0jgK5bfYm-3WIvpW6orZDtuCAZyt-BMl8sOG4hZtWY4m8xFHeZcCwOCTK6xsE9gtcEyf/s1600/offerta-domanda3.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="288" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDZdhOyLrW3UlwFVo5_7YzltHIJQboQs_I6aYtD5dc3IjE7zV1pDQP1UCeLbkVwtvPpZ6V6Pnd0jgK5bfYm-3WIvpW6orZDtuCAZyt-BMl8sOG4hZtWY4m8xFHeZcCwOCTK6xsE9gtcEyf/s400/offerta-domanda3.png" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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Si è raggiunto un nuovo equilibrio a una quantità più alta e a un prezzo più basso.</div>
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Chiaramente per i casi d'esempio si parla di mercati totalmente competitivi, dove il prodotto (il fosforo) non è differenziabile, ovvero è una commodity. In questi mercati i produttori sono "price taker", dunque non sono in grado in alcun modo di influenzare il prezzo. Vi sono altri mercati (competizione monopolistica) in cui una più o meno importante differenziazione consente agli offerenti una qualche capacità di imporre un prezzo diverso (più alto) dal prezzo di equilibrio di un tipico mercato competitivo, ma nei limiti della sostituibilità del prodotto offerto.</div>
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Quello che mi premeva sottolineare, per ora, di tutta questa filastrocca, è che gli spostamenti delle curve di domanda e offerta derivano da cambiamenti nelle utilità o nei costi marginali. Queste informazioni non sono note che a chi realizza la decisione (di comprare o di vendere), e al momento stesso della decisione, in una preferenza dimostrata (consiglio a tal proposito <a href="http://rothbard.altervista.org/essays/toward-reconstruction-utility.pdf" target="_blank">"Toward a Reconstruction of Utility and Welfare Economics" di Rothbard</a>), e non è possibile per nessuno, tranne che per il mercato, possedere questa preziosa conoscenza. Al di là dunque dei meccanismi specifici e del modello sopra esposto, si può ricavare una lezione di senso più profondo, che non solo ci giustifica l'efficienza economica nell'allocazione delle risorse del libero mercato, ma ce lo rende, appunto "inspiring as well as right", così come Nozick definisce lo Stato minimo. [to be continued...]</div>
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<br />effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-7805943458146224922015-07-14T14:58:00.000+02:002015-07-14T15:40:43.876+02:00La scienza del Culto del Cargo: l'austerity in Grecia ha fallito?<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzaFA8WQx2Ckx7BUuHfYw8_RaJRApw5jwQAw_DS7I5Y997LVc9Vka5BzLDuo4DwwdrWj-ADc06Bq33fDOOgylNQGgevjw7ia2SU68_gVp5ZE5M79gj7Qtqgi9LhXre-4rRXGgXEabAi2Qa/s1600/culto-cargo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="238" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzaFA8WQx2Ckx7BUuHfYw8_RaJRApw5jwQAw_DS7I5Y997LVc9Vka5BzLDuo4DwwdrWj-ADc06Bq33fDOOgylNQGgevjw7ia2SU68_gVp5ZE5M79gj7Qtqgi9LhXre-4rRXGgXEabAi2Qa/s320/culto-cargo.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
Uno degli ineludibili riferimenti culturali che mi appartengono, e ai quali faccio spesso riferimento, è il "commencement address", ovvero il discorso di congratulazione ai neolaureati della Caltech, tenuto da Richard Feynman nel 1974.<br />
<br />
Feynman, parlando del metodo scientifico, racconta velocemente il curioso fenomeno dei Culti Cargo:<br />
<blockquote class="tr_bq">
In the South Seas there is a cargo cult of people. During the war they saw airplanes with lots of good materials, and they want the same thing to happen now. So they've arranged to make things like runways, to put fires along the sides of the runways, to make a wooden hut for a man to sit in, with two wooden pieces on his head to headphones and bars of bamboo sticking out like antennas--he's the controller--and they wait for the airplanes to land. They're doing everything right. The form is perfect. It looks exactly the way it looked before. But it doesn't work. No airplanes land. </blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
Nei Mari del Sud le popolazioni praticano un culto del cargo. Durante la guerra videro degli aeroplani scaricare ogni ben di Dio, e vorrebbero che la stessa cosa accadesse ora. Così hanno costruito cose come piste di atterraggio, fuochi di segnalazione lungo le piste, una capanna nella quale si siede un uomo, con due pezzi di legno a mo' di cuffie e due pezzi di bamboo che sporgono come antenne - sarebbe il controllore di volo - e aspettano che gli aerei atterrino. Fanno tutto nella maniera corretta. La forma è perfetta. Somiglia in tutto e per tutto a prima. Ma non funziona. Nessun aereo atterra.</blockquote>
La fallacia dell'esperimento degli indigeni è riconducibile, in maniera sostanziale, alla fallacia logica del "post hoc ergo propter hoc" - dopo di questo, quindi a causa di questo. Poiché a seguito della costruzione delle infrastrutture arrivano gli aerei, e gli aerei portano ricchezza, basta riprodurre le piste per ottenere ricchezza.<br />
<br />
Si individua una correlazione temporale fra due fatti, ad esempio la presunta austerity imposta alla Grecia dal 2009 in avanti, e la successiva mancata crescita economica greca, e si conclude che la rovina della Grecia è stata l'austerity.effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-329619241034953702015-07-05T11:55:00.003+02:002015-07-14T15:41:01.149+02:00Yet another post sulla Grecia<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJZsiEdzuaF_2G8KnQzbDHdOrcm3BCLyhD41wlzDby8TbFtpwA6Idr5j40JX3fKGlrzcc4DcuwMydiL8ln7GmHWdS1ykQ3bU1KEy2U9gCbzySdBDZRmqLbdR8ZRueKBaUWZ4UXhV4xltvA/s1600/20100329160959-1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="269" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJZsiEdzuaF_2G8KnQzbDHdOrcm3BCLyhD41wlzDby8TbFtpwA6Idr5j40JX3fKGlrzcc4DcuwMydiL8ln7GmHWdS1ykQ3bU1KEy2U9gCbzySdBDZRmqLbdR8ZRueKBaUWZ4UXhV4xltvA/s320/20100329160959-1.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
Gli argomenti sui quali scrivo in genere sono "laterali" all'attualità, nel senso che la cronaca, e le reazioni della mia cerchia di conoscenze alla stessa, mi suggeriscono delle sensazioni di conflitto, le quali si traducono poi nello stimolo ad approfondire il conflitto: capito il nocciolo della questione, che in genere riguarda un attrito fra gli accadimenti e il mio sistema di valori, ne scrivo poi sul blog. In alcuni casi ho le idee chiare immediatamente dopo aver classificato questo "conflitto", in altri casi devo approfondire alcune questioni sulle quali scopro di essere poco ferrato. In genere è un processo fruttuoso, che mi porta a letture inconsuete e produttive, ma immagino sia più o meno lo stesso per tutti quelli che hanno una vita intellettualmente attiva. La vanità di scrivere su un blog in fondo è un ottimo incentivo.<br />
<br />
Tutta questa interessantissima premessa, e poi scrivo della Grecia? Avendo investito qualche minimo capitale in titoli - perlopiù bancari - la mia egoistissima attenzione fino a che non ho chiuso le posizioni in borsa si rivolgeva con fastidio alle bizze di Tsipras e Varoufakis, che si traducevano in imprevedibili sussulti dei mercati azionari e di converso del mio portafoglio. Dopo l'escalation però, e non avendo più interessi diretti in merito, m'è rimasto un senso di fastidio generale nel leggere del dibattito fra filo e xeno ellenici. Ecco che s'era innescato il meccanismo che mi porta a scrivere sul blog.<br />
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Poi, per scrivere sulla questione, mi son detto: bisognerà approfondire, e mi son messo a cercare dei dati oggettivi sulle performance economiche della Grecia, sullo stato economico e finanziario, e sulle riforme fatte. Bisognava verificassi la vulgata che afferma che l'austerity imposta dalla troika ha distrutto l'economia ellenica. Non ci sono riuscito. Mi è tornato in mente il fatto curioso che il data journalist è considerato uno specialista nel giornalismo, come se normalmente si potesse fare a meno dei dati. Non sono riuscito a trovare un articolo, un'analisi, con dei dati sistematici. Quando va bene si trovano delle articolesse che per sostenere un punto screenshottano qualche tabella e qualche grafico aggregato, che è spesso in palese contraddizione con qualche altra articolessa che sostiene il contrario, e via di seguito.<br />
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Per tagliare il capo al toro, fissiamo dunque alcuni ragionevoli punti:<br />
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<li>la spesa pubblica greca negli anni dell'euro e in quelli precedenti è stata eccessiva, generando un debito che è diventato insostenibile</li>
<li>il sistema economico greco non è competitivo, tant'è che non cresce e non genera sufficiente ricchezza</li>
<li>dire che le politiche della troika sono fallite utilizza la fallacia del post hoc ergo propter hoc: non sappiamo come sarebbero andate le cose altrimenti. Inoltre le politiche le ha attuate il governo greco liberamente eletto, e dunque ai greci rimane la responsabilità delle scelte fatte.</li>
<li>Gli interessi sulle obbligazioni elleniche erano altissimi, e dunque chi ha prestato soldi sapeva benissimo a quali rischi andava incontro, ciò nonostante confidando nello scudo gentilmente messo a disposizione da noi contributori europei.</li>
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Tornando al nocciolo della questione, la causa del mio fastidio circa il dibattito attuale è questa: avevo di recente affrontato, dal punto di vista professionale, la questione della giusta remunerazione del capitale di fronte a un investimento. Partiamo dalle basi: le persone fanno scelte consapevoli in presenza di risorse limitate. Questo è un mantra, anzi IL mantra, dell'economia. Questa enunciazione peraltro include una certo valore morale, che è strettamente connesso al valore della libertà individuale e della proprietà privata.<br />
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Per esemplificare, e per arrivare al punto, questo si traduce nel concetto di costo opportunità: se ho un'ora da investire, e ho la possibilità di impiegarla nel fabbricare un oggetto A che mi porta a 100€ di profitto, o un oggetto B che mi porta a 120€ di profitto, e scelgo di fabbricare l'oggetto A, in termini contabili posso dire di aver guadagnato 100€, ma in termini economici ho perso 20€! Dunque avendo risorse limitate, farò la scelta consapevole di fabbricare piuttosto l'oggetto B.<br />
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Il punto è che c'è una dimensione morale nel rendimento atteso da un investimento e nel rischio associato. Quando un titolo di Stato rende così tanto, il rischio correlato deve essere reale. Se all'investimento si sottende un "tanto alla fine l'Europa interverrà", e il rischio percepito non corrisponde a quello pagato, ecco che il patto non funziona più, il mercato è corrotto, e la remunerazione è immorale. Fatemi essere ancora più esplicito: chi ha speculato sul debito greco guadagnandone interessi cospicui, di fatto con la complicità dei governi europei ha rubato ricchezza a noi cittadini europei, che siamo stati costretti a finanziare questo abominevole accordo fra speculatori e governi. Questo tipo di meccanismi, questo inquinamento del libero mercato, genera poi le storture che ci troviamo a fronteggiare, e il paradosso è che si addita il vituperato neoturboliberismo, quando la causa è esattamente opposta!<br />
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Inoltre non sta ai creditori impartire le linee guida per il governo del loro capitale: a loro sta esclusivamente la decisione se prestarlo alla Grecia o impiegarlo altrimenti. Il lavoro degli investitori è questo, il lavoro degli amministratori è amministrare il capitale per restituirlo con gli adeguati interessi. Il popolo greco ha scelto un governo, in maniera democratica. Sta a questo governo la responsabilità delle scelte, e non deve avere l'alibi di scaricare i suoi fallimenti su organismi esterni, come la troika, il fondo monetario, l'europa, o gli Dei. Dunque se gli investitori ritengono che non ci siano più le condizioni per prestare capitale alla Grecia, a fronte delle prospettive presentate dal nuovo governo greco, così sia.<br />
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Le conseguenze del default greco non saranno lievi: per rimanere nel nostro piccolo giardino noi italiani ci troveremo a pagare degli interessi sul debito molto più alti, che io spero fronteggeremo tagliando la spesa pubblica e non aumentando ulteriormente la pressione fiscale, ma so che sarà speranza vana. Il default greco genererà instabilità politica, spinte populiste anti-euro, ulteriori ostacoli alla crescita dell'eurozona e alla ripresa economica. Non ho nemmeno quell'ottimismo che fa sperare che si possano rivedere i meccanismi dell'Unione Europea, per far sì che si diventi davvero un player forte nell'economia di mercato.<br />
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Le conseguenze per la Grecia stessa saranno pesantissime. Senza capitali Tsipras non potrà più fare il capo-popolo e dovrà fare delle scelte difficilissime, che metteranno a rischio la tenuta stessa della democrazia in quell'area.<br />
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Ciò nonostante, è importante e giusto che la Grecia sia lasciata fallire, per ristabilire quel patto morale fra investitori e amministratori: a ogni remunerazione di capitale corrisponda il rischio adeguato che quel capitale possa essere perduto. E che chi amministra sia messo di fronte alle sue responsabilità senza alibi. Non è più il tempo dello statalismo, delle economie pianificate dalla politica. E' tempo che anche l'Europa si apra al mercato e, di conseguenza, alla libertà.effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-1930331037412146722015-06-22T14:28:00.000+02:002015-07-14T15:41:19.183+02:00Qualche principio di economia aziendaleSi parla spessissimo, sui giornali, in televisione, al bar, di economia, di crisi, di desertificazione industriale, di "liberismo", eppure sarei disposto a scommettere che un gran numero di voi non è in grado di definire in maniera semplice cos'è un'azienda. Questo per una serie di motivi, il primo dei quali è la mancanza di cultura economica. Le scuole a riguardo non si impegnano a sufficienza. Eppure per molti studenti l'azienda sarà una parte fondamentale, e molto ingombrante, della vita: molto più della Divina Commedia!<br />
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Intendiamoci: non sono certo un esperto di economia aziendale, però mi son detto che male non fa parlare in maniera grossolana di pochi fondamentali concetti che chi è esperto in materia forse dà per assodati, e che invece sono utilissimi a valutare le principali dinamiche economiche e industriali che stanno dietro a certi accadimenti: la vendita o la chiusura di un'azienda, per esempio; e riflettere su certe approssimative affermazioni da talk show.<br />
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Un'azienda è un insieme di capitali e persone. L'azienda gestisce il capitale in accordo con la missione aziendale per accrescerne il valore, tramite il lavoro delle persone, e in maniera tale da poter remunerare gli azionisti (i prestatori di capitale), i lavoratori (i prestatori d'opera), e i servizi (le tasse e le imposte). Azienda = capitali + persone.<br />
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Un'azienda, che per missione aziendale vuole essere leader nella produzione e commercializzazione di attaccapanni rossi, tenterà di accrescere il proprio capitale principalmente attraverso la produzione e la vendita di attaccapanni rossi, anche se potrebbe farlo in maniere più remunerative, ad esempio utilizzando il capitale per speculare in borsa.<br />
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Quanto bisogna accrescere il capitale? Almeno tanto da poter remunerare in maniera "equa" gli azionisti, e possibilmente di più. Il capitale aziendale, abbiamo detto, è una parte imprescindibile dell'impresa. Senza di esso non ci sono impieghi, ovvero non esiste l'azienda. </div>
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Il capitale è composto da due quote: quello di debito, contratto con le banche, e quello dei soci (l'equity). Entrambi vanno remunerati: un euro oggi vale più di un euro domani. Il capitale di debito va pagato con gli interessi; ai soci va riconosciuta una remunerazione di rischio. Più l'investimento è rischioso e più il rendimento del capitale investito deve essere elevato, altrimenti i capitali degli azionisti andranno su investimenti più convenienti.</div>
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Senza entrare nei dettagli finanziari, facciamo un esempio concreto e molto semplice: supponiamo che un'azienda impieghi un capitale totale di 100.000€, che serviranno per comprare i macchinari, approvvigionare le materie prime, pagare gli stipendi e così via. Supponiamo anche che questo capitale sia composto per 50.000€ di equity (ovvero capitale di rischio, quello degli azionisti) e per altri 50.000€ di debiti bancari, da restituire a un interesse dell'8%. Supponiamo inoltre che, in base al profilo di rischio aziendale, gli azionisti si aspettino un rendimento del 15%.<br />
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Bene, l'azienda investe questi soldi e riesce a produrre e vendere per un valore totale di 200.000€, a un costo totale di 180.000€ (quindi abbiamo già pagato investimenti, lavoratori, fornitori, utenze, affitti..) Questo vuol dire che alla fine dell'anno abbiamo fatto un utile (risultato operativo netto - EBIT) di 20.000€, e dobbiamo ancora pagare gli interessi alle banche, e le tasse. 50.000€ è il debito bancario. Se paghiamo solo gli interessi dobbiamo alle banche 4.000€. Ci rimangono 16.000€ sui quali paghiamo il 55% di imposte; pagati anche gli oneri fiscali ci rimangono 7200€.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhjhCIEfUeekhVWEXKwAVjnNCoSO6DhqhPm5oDEKWmrBSCM2rZkR_6o9E7eq3V5t7RLMuqA3Pv71XqUt_y81ZaJMPkrlxovp7nK3aQQZjORqyF7NhuJ7EBP23a9McD1JUbPGEl3Y3NOmqb1/s1600/contoeconomico.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhjhCIEfUeekhVWEXKwAVjnNCoSO6DhqhPm5oDEKWmrBSCM2rZkR_6o9E7eq3V5t7RLMuqA3Pv71XqUt_y81ZaJMPkrlxovp7nK3aQQZjORqyF7NhuJ7EBP23a9McD1JUbPGEl3Y3NOmqb1/s1600/contoeconomico.png" /></a></div>
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Questa è un'azienda che fa utile. Molti di voi penseranno che è sufficiente questo per dire che è un'azienda "sana", economicamente sostenibile. E' davvero così? Supponiamo che il consiglio di amministrazione decida di distribuire tutto l'utile agli azionisti, ebbene essi riceveranno il 14.5% circa del loro capitale investito, come remunerazione. Non è abbastanza! Abbiamo detto che il profilo di rischio dello specifico investimento avrebbe richiesto il 15% di rendimento. Quindi non solo l'azienda non ha remunerato a sufficienza gli investitori, ma non ha nemmeno prodotto sufficiente valore aggiunto da poter reinvestire nell'azienda stessa. Questo produce due risultati:<br />
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<li>Gli investitori sposteranno il loro capitale su investimenti più convenienti o meno rischiosi</li>
<li>L'azienda dovrà indebitarsi ulteriormente per finanziare nuovi investimenti, aumenterà ancora il suo profilo di rischio, e dovrà remunerare ancora di più il capitale di rischio.</li>
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Dobbiamo quindi remunerare gli investitori, e non abbiamo ancora fatto abbastanza. Dovremo anche portare a casa qualcosina in più che ci permetta di investire (in ricerca e sviluppo, nuovi prodotti, nuovi impianti....) senza indebitarci ulteriormente (indipendenza finanziaria), o chiedere ulteriori aumenti di capitale agli azionisti.</div>
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Fare utili è una condizione necessaria, ma non è sufficiente! E' anche utile notare che l'equilibrio fra capitale proprio (equity) e capitale di terzi (debiti con le banche) è importantissimo: il capitale proprio, in genere, costa molto di più degli oneri finanziari derivanti dai debiti, ma se ci si indebita troppo si aumenta il profilo di rischio dell'azienda. Il rapporto fra debiti e patrimonio netto, indice di indebitamento (Debt/Equity), è uno dei parametri con cui si valuta lo stato di salute di un'azienda.</div>
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Qualche tempo fa ascoltavo in tv un sindacalista lamentarsi della svendita, a suo modo di vedere, di Ansaldo Breda ai Giapponesi di Hitachi. Sosteneva fosse stata svalutata perché "aveva un sacco di commesse". Quanto spesso sentiamo che l'azienda tale è stata svenduta, e valeva molto di più semplicemente perché "faceva utili". A questo punto dovrebbe esser chiaro che queste valutazioni, fatte in questa maniera, sono insensate. Valutare il valore di un'azienda è difficilissimo, e il valore è generalmente correlato a una valutazione dello stato attuale (asset totali, quindi patrimonio immobiliare, macchinari, ma anche brand, know-how...), e della capacità futura di generare ricchezza (e qua siamo quasi nel campo della chiaroveggenza).</div>
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Le aziende si reggono su equilibri finanziari delicatissimi, e continuamente perturbati dalle condizioni del mercato (concorrenza, crisi economiche, eventi ambientali imprevedibili), e non possono prescindere dalla fiducia degli investitori. Il capitale costa, più dei debiti, perché un euro oggi vale molto di più di un euro domani.</div>
effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-92123927836822796972014-10-18T11:26:00.001+02:002014-10-18T11:54:51.034+02:00Il bene della collettività<blockquote class="tr_bq">
<i>"But why may not one violate persons for the greater social good? Individually, we each sometimes choose to undergo some pain or sacrifice for a greater benefit or to avoid a greater harm: we go to the dentist to avoid worse suffering later; we do some unpleasant work for its results; some persons diet to improve their health or looks; some save money to support themselves when they are older. In each case, some cost is borne for the sake of the greater overall good. Why not, similarly, hold that some persons have to bear some costs that benefit other persons more, for the sake of the overall social good? But there is no social entity with a good that undergoes some sacrifice for its own good. There are only individual people, different individual people, with their own individual lives. Using one of these people for the benefit of others, uses him and benefits the others. Nothing more." </i></blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
da Anarchy, State and Utopia.</blockquote>
effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-86708029488933785422014-09-24T13:22:00.001+02:002014-09-25T10:24:03.995+02:00Di nuovo sulle tasse <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjpldTBdyozX-OVofOIMkEanHH2zeeH0S9RxcCE9lD_XkJa-fXCFOII6k8rxw5yt9Bl9G7EPi9VJ5CnkVLYvJ5EnAGl-FOBmzVjzDkez9QuKvIx-Cn1ZXS7L0QSXsBTpGWi9Rr9SwaZzas/s1600/image.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjpldTBdyozX-OVofOIMkEanHH2zeeH0S9RxcCE9lD_XkJa-fXCFOII6k8rxw5yt9Bl9G7EPi9VJ5CnkVLYvJ5EnAGl-FOBmzVjzDkez9QuKvIx-Cn1ZXS7L0QSXsBTpGWi9Rr9SwaZzas/s1600/image.jpg" height="183" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="http://francescocontini.blogspot.com/2012/01/senza-capo-ne-coda.html">Ne ho già scritto quasi tre anni fa, </a>e rileggendo mi verrebbe da riproporre la stessa storia narrativa di allora, il che dimostra, quantomeno, una certa solidità di carattere se non di argomentazioni. Fondamentalmente allora partivo da una preghiera, che ripropongo sotto forma di citazione da un notissimo libriccino per darmi un tono:<br />
<blockquote class="tr_bq">
Intellectual honesty demands that, occasionally at least, we go out of our way to confront arguments opposed to our views.</blockquote>
Tutto ciò per dire questo: non aggrappatevi alla vostra idea della questione, che sarà sicuramente, ragionevolmente e fondatamente radicata, perché temete che vi si stia vendendo qualcosa di sostitutivo. Non sto parlando di questioni pratiche, di sprechi di Stato, di liberismo applicato. Tantomeno mi riferisco all'Italia odierna in particolare, o all'Europa, o a qualcos'altro di meglio. Vi sottopongo, di nuovo, un argomento di confronto che, sospetto, fortemente avversa la vostra idea del mondo. Inoltre mi tocca precisare che quando nel titolo scrivo "tasse", metto da parte il diritto tributario italiano e le noiosissime distinzioni tecniche fra tasse, imposte, tributi. Parlo di prelievo di ricchezza di un certo tipo: proverò a darne una definizione più interessante e per certi aspetti specifica più tardi.<br />
<br />
Il discorso, nel 2012, proseguiva in maniera apparentemente erratica, tuttavia con questioni che si ritrovano puntualmente in più dotte e alte trattazioni sulla materia dello Stato e del diritto impositivo che è di sua pertinenza. In particolare fu difficile affrontare l'argomento lasciando fuori la questione stessa dello Stato. Ho sempre bene a mente la posizione anarchica sullo Stato, che vi propongo perché la teniate anche voi a mente:<br />
<br />
<b>al fine di mantenere il suo monopolio sull'uso della forza (ovvero contro la volontà di un singolo individuo) per il bene della collettività - e non è forse per questo che si giustifica la sua necessità? - lo Stato deve violare i diritti individuali e per questo è intrinsecamente immorale. </b><br />
<br />
Sulla collettività ho accennato qualcosa in quel post, a dimostrare che il disordine dell'argomentazione fu solo apparente.<br />
<br />
Per di più, la questione della necessità dello Stato e la collettività sono argomenti che sono stati tirati in ballo ieri indipendentemente da me (e immagino con tutta probabilità senza alcuna influenza di quello che avevo scritto allora) in una <a href="http://ff.im/1khdD9">chiacchierata fra amici</a>. Alla stessa maniera allora scrivevo: "Delle tasse si può dire in definitiva che sono uno strumento di redistribuzione del reddito. Esse sono infatti un prelievo di ricchezza che un'organizzazione di persone a partecipazione obbligatoria impone ai suoi iscritti al fine di fornire una serie di servizi che, va da sé, coloro che potrebbero in ogni caso permetterseli pagano anche per coloro che non potrebbero permetterseli."<br />
<br />
La stessa identica affermazione ha proposto uno dei partecipanti alla discussione, che in genere <a href="http://alberodimaggio.blogspot.it/">sa il fatto suo</a>, almeno finché non parla di fisica.<br />
<br />
Vi dicevo della definizione: in particolare quello che ho quasi omesso (organizzazione a partecipazione obbligatoria) è che questo prelievo di ricchezza di cui si parla è, per sua essenza, <b>forzoso. </b>Il tributo è "espressione dell'esercizio della potestà impositiva di un ente sovrano." La storia del tributo, dell'origine e di come esso si è evoluto nel tempo, è molto interessante. Ad esempio, nella Roma imperiale per lungo tempo il tributo non fu imposto ai cittadini romani, che partecipavano alla Res Publica in altri modi, più diretti se vogliamo, ma era espressione della sovranità di Roma sulle sue province.<br />
<br />
La redistribuzione della ricchezza deve essere vista, dal punto di vista morale, come una generica individuazione <strike>della virtù nel povero</strike> di una virtù della povertà, ovvero una punizione del ricco (immoralità della ricchezza). Qualcuno dice un bilanciamento artificiale delle disparità alla nascita, che suona quasi come una negazione del diritto all'eredità, o alla famiglia. Quest'ultima proposizione mi convince meno, perché quest'attività redistributiva si protrae durante tutta la vita dell'individuo; non si limita alla semplice parificazione delle condizioni sociali alla nascita: un individuo immeritevole avrà diritto, secondo questo principio, alla ricchezza degli altri indipendentemente dal fatto che gli sono state garantite le stesse possibilità di accesso alla ricchezza di un ricco e ha fallito, anche ripetutamente. Ripeto: sto ragionando in termini astratti. Se è vero che è impossibile nella pratica e in maniera pianificata garantire a tutti le stesse identiche possibilità, è anche vero che a volte anche un povero può imbattersi in un accesso alla ricchezza, che è indipendente dalla sua condizione contingente.<br />
<br />
Si dice anche che le tasse servano a pagare i servizi. Quest'affermazione assegna ai tributi un carattere neutro, però è insoddisfacente: per usare un eufemismo non tutto il prelievo fiscale può essere giustificato colla corresponsione di un servizio, e invece per essere in questo caso con i piedi per terra, una minima parte del prelievo fiscale finanzia dei servizi. In ogni caso, questa fattispecie può essere ricondotta a quella precedente, ovvero anche i servizi di Stato sono una forma di redistribuzione del reddito, per le ragioni già dette. In conclusione, sotto quest'ottica, anche la neutralità di quest'affermazione si perde. In quanto forma di redistribuzione, vi è associato il carattere di virtù o vizio.<br />
<br />
Inoltre le tasse possono regolare e indirizzare il mercato, che, per dirla in maniera più significativa, vuol dire indirizzare le scelte individuali. Imporre imposte diverse sugli ebook rispetto ai libri cartacei vuole favorire la sopravvivenza di una certa classe di individui che mercanteggiano nel mercato della carta, e per fare questo mira a orientare, in maniera coercitiva attenzione!, le scelte individuali sul mercato della carta.<br />
<br />
Io però andrei oltre: non sono completamente convinto che le tasse per principio siano uno strumento di redistribuzione del reddito, o siano principalmente uno strumento di redistribuzione del reddito. Come ho detto, la redistribuzione implica un giudizio morale sulla virtù dei sudditi da parte dello Stato. Inoltre, quello che fa di una tassa una tassa è l'imposizione, e quello che fa di uno Stato uno Stato è la capacità impositiva. Dunque in via teorica, e lo dico nel senso dell'elettrone di Feynman [1], trovo molto più comodo identificare l'essenza stessa dello Stato (che è la possibilità di prevaricare in maniera etica il diritto individuale, ve la ricordate la posizione anarchica?) con le tasse (che sono, come detto, di natura impositiva). Ne consegue che esse diventano semplicemente l'affermazione della sovranità dello Stato sull'individuo, e perciò sono una misura del grado di sudditanza al sovrano di ciascuno di noi.<br />
<br />
[1] - "The electron is a theory we use; it is so useful in understanding the way nature works that we can almost call it real."<br />
<br />
<span style="background-color: #333333; color: #cccccc; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px; line-height: 18.4799995422363px;"><br /></span>effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-38017475603888239692014-07-17T17:03:00.000+02:002015-07-14T15:41:41.451+02:00Lo strano caso del gruppo BilderbergUn gruppo segretissimo che si riunisce in segretissimo per istituire un Nuovo Ordine Mondiale. Lo stesso gruppo poi comunica i nomi dei partecipanti, date e luoghi delle riunioni.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUA1LYUu6550wBEugGwAo1GXZEg38jcdd2z69-2sqkBuCk_NGEdCEY9i10hvraV5tnfaXIMYqw9NTdifcdSiBTs05Vhvm1b83YoMAOn1l7aDk_SZOJrtTQ6819ahoiNuEvzhyphenhyphenJZUcy0GSD/s1600/wtf.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUA1LYUu6550wBEugGwAo1GXZEg38jcdd2z69-2sqkBuCk_NGEdCEY9i10hvraV5tnfaXIMYqw9NTdifcdSiBTs05Vhvm1b83YoMAOn1l7aDk_SZOJrtTQ6819ahoiNuEvzhyphenhyphenJZUcy0GSD/s1600/wtf.jpeg" width="299" /></a></div>
<br />effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-70677740063406836052012-05-21T17:18:00.001+02:002012-05-21T17:19:34.166+02:00Perché la Minetti è meglio di Gasparri.<div style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgwulz5u-ABJVPHZbt_1MEQgSTFO7Ao6WYzpSipHs66i15sR0ceTJ6YdBm6qpT8O1jXr1RJIR_16LriYdDXPPxw92oaiStAorQy91b8ejTu7JEhLZ6_X5Xu3-ywsXGygQqFLoM1k_lgp9Fr/s1600/nicole+minetti.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgwulz5u-ABJVPHZbt_1MEQgSTFO7Ao6WYzpSipHs66i15sR0ceTJ6YdBm6qpT8O1jXr1RJIR_16LriYdDXPPxw92oaiStAorQy91b8ejTu7JEhLZ6_X5Xu3-ywsXGygQqFLoM1k_lgp9Fr/s320/nicole+minetti.jpg" width="320" /></a>Perché almeno lei è piacevole allo sguardo.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Oggi ho preso ferie, e come mai mi capita sono andato a far spesa il lunedì mattina. Il parcheggio era pieno e così il supermercato. La popolazione in esame si divideva equamente fra pensionate, pensionate+pensionati, donne fra i trentacinque e i cinquanta (oltre si va nei pensionati) con i loro figlioli al seguito: benvenuti negli anni 50.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
D'altra parte il femminismo di raccatto che ci ha appestato nei passati decenni si è evoluto in un femminismo da quote rosa, perennemente indignato, clamorosamente inefficace.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Un curioso esempio è la furia con la quale le nuove femministe aggrediscono il mondo dello spettacolo, nel quale in genere dei gran pezzi di fica fan fruttare il proprio corpo per far danari. In questo io non ci vedo davvero nulla di poco dignitoso. E' certamente più umano che lavorare in catena di montaggio.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Quando poi invece una come la Minetti diventa consigliere regionale, un moto di indignazione sovrumano invade tutta una serie di personaggi che si identificano con una certa altra serie di categorie perlopiù morali (i giusti, gli onesti), e questa indignazione, credo, viene collocata al di sopra di ogni altra precedente, almeno per il momento.</div>
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Hanno scoperto, 'sti qui, che in Parlamento, in Regione, in politica, ci s'entra per raccomandazione. Però tutti coloro che per raccomandazione ci sono entrati andavan bene finché eran brutti e compravano la loro elezione altrimenti; al contrario lei no, è abominevole.</div>
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A dirla tutta e per tagliar corto io preferisco la Minetti a Gasparri per due ragioni: la prima è che è di bell'aspetto; la seconda è che lei almeno non impicciandosi degli affari dei cittadini non fa (troppi) danni. </div>effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-25256581158435603562012-01-05T18:48:00.001+01:002012-01-05T18:55:13.317+01:00Senza capo né coda<b><i>Alcune premesse</i></b><br />
<a name='more'></a><br />
Tutto ciò che si può ritenere vero o falso a proposito di quale sia la migliore possibile delle società degli uomini, in termini storici o potenziali, non può essere in alcun modo provato né dedotto, sebbene si possa argomentare in un senso o nell'altro con innumerevoli rivolgimenti, oppure presentare, in una maniera o nell'altra, un certo numero di esempi, i quali possono essere interpretati e ricondotti a interpretazioni diversissime; le molte convinzioni che vi affollano la testolina andrebbero messe in discussione, se interessa. Altrimenti:<br />
<br />
Questo post è destinato a un pubblico adulto.<br />
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Non mi appassiona proporre alcunché di positivo circa la migliore organizzazione sociale, né in termini teorici né in termini pratici. Potrebbe invece interessarmi criticare alcune delle premesse a riguardo, ma soprattutto in relazione a ciò che dovrebbe toccare l'individuo piuttosto che la collettività, la quale è un'entità piuttosto astratta e difficile da mettere in relazione con l'individuo stesso in termini sostanziali.<br />
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<span class="st">È</span> piuttosto freddo e la tastiera di questo portatile ha visto anni migliori. Tutto ciò vi interessa nella misura in cui troverete un certo numero di errori tipografici. Non me ne scuso.<br />
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<i><b>Un certo svolgimento</b></i><br />
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Quale che sia la condizione esistenziale di ciascuno di noi, si può concordare che essa sia in una certa notevole misura influenzata dalla società di uomini che ci assedia. Qualcuno potrebbe addirittura inoltrarsi innanzi ad affermare che essa ne è determinata. Dell'ultima questione ne faremo a meno, soprattutto perché è di nessun interesse pratico; la precedente ci costringe ad interessarci dell'argomento di questo post. Quanto detto potrebbe in via preliminare esser considerato banale, ma in questo caso sarà necessario non essere eccessivamete ermetici: molti affermano, e credono addirittura, che la costituzione, l'amministrazione dello Stato e la direzione della vita pubblica debbano orientarsi al bene della collettività. <span class="st">Questa credenza mi appare insensata, poiché nessuno di noi sa bene cosa farsene della collettività.</span><br />
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<span class="st">È necessario dubitare di affermazioni quali "lo Stato siamo noi", poiché in definitiva gli individui sono tutto ciò che conosciamo. Io posso con una certa sicurezza - lasciamo fuori per pietà il problema della conoscenza - riferirmi a Marco o a Clara; con una sicurezza un po' più incerta mi riferirò alla famiglia Rossi, e con nessuna cognizione alla comunità dei Torinesi. </span><span class="st">È richiesto un deciso conato di astrazione soltanto per immaginare, per traslato, una certa media ponderata dei concernimenti che interessano quella tale comunità.</span><br />
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</span><br />
<span class="st">Supponendo di poter agguantare questi concernimenti per poterli osservare da vicino, nessuno di essi si rivolge ad alcun individuo in particolare, poiché si dice che la politica del particolare contingente è una politica di scarso valore, e il buon politico la evita. La questione, per venire a dir qualcosa, è questa dunque: i problemi della collettività non sono di interesse individuale, finché non intervengono a modificare la vita pratica di un certo numero di individui. Al di là dell'ovvietà quasi tautologica della questione, </span><span class="st">queste considerazioni potrebbero condurre a pensare che l'organizzazione della società umana debba essere improntata al carattere dell'efficienza, ovvero l'economia.</span><br />
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<span class="st">Da qui, a balzelli, si può procedere fino a voler individuare quale sistema politico sia valorosamente economico, ovvero come organizzare gli individui nella loro vita individuale affinché in un compromesso essi possano essere messi nelle migliori condizioni di vita con il minimo sacrificio. Tutto ciò conduce con sé una serie di problemi ontologici di terribile portata: quali sacrifici possono essere accettabili? Cosa si intende per migliore condizione di vita? In tutta franchezza tutto ciò è mortalmente noioso, in principio perché è una discussione accademica, e in secondo luogo perché non è questo il punto.</span><br />
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<span class="st">Sono con irragionevole certezza perfino disposto ad affermare che il liberismo non è un sistema economico, e che in via - molto - teorica un'organizzazione della società di tipo non-liberista conduce a un sistema economico. Non è questo il punto. Perché, come dicevo prima, l'individuo se ne deve fregare della collettività, nella misura in cui a lui essa non interessa.</span><br />
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<span class="st">Prendiamo a esempio il caso delle prescrizioni mediche obbligatorie. Esse limitano la libertà di un certo numero di individui che vorrebbero andare in farmacia a comperarsi un certo farmaco, poiché lo Stato (?) crede che gli stessi non siano in grado di scegliere facendo il bene della comunità, o peggio poiché fanno del male a se stessi. Nel secondo caso, lo Stato (?) impone una certa morale: l'auto-inflizione di danni fisici è immorale e la sola possibilità ti viene vietata. Nel primo caso, invece, lo Stato agisce sulla base di considerazioni che riguardano il bene della collettività: dopo aver prelevato una certa quantità di ricchezza da un certo numero di individui per provvedere alla loro salute, lo Stato ritiene ingiusto che essa venga utilizzata per provvedere alla salute di coloro che l'hanno da soli danneggiata, e per questi motivi ritiene di dover evitare, attraverso una proibizione, che un certo numero di individui usufruiscano della ricchezza a loro e ad altri prelevata. Nella vera essenza, al di là di una certa serie di sfumature che dovreste ritenere inessenziali con un minimo sforzo di intelletto, è quello che succede. In entrambi i casi la proibizione si risolve in un giudizio morale.</span><br />
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<span class="st">È evidente come al buon individuo, il quale è prima individuo che cittadino, che vuole andare a comperarsi il suo nimesulide per il mal di testa che gli rovina l'esistenza, questo giudizio morale apriori da parte di qualcuno, che è anche difficile da andare a prendere a cazzotti, è odioso.</span><br />
<br />
<span class="st">Questo piccolo rappresentativo esempio, che si può estendere a un numero consistente di altri casi (le cinture di sicurezza, le misure di sicurezza sul lavoro, la sindacalizzazione e molto altro), mi condurrà invece a parlare delle tasse in sé.</span><br />
<span class="st"><br />
</span><br />
<span class="st">Delle tasse si può dire in definitiva che sono uno strumento di redistribuzione del reddito. Esse sono infatti un prelievo di ricchezza che un'organizzazione di persone a partecipazione obbligatoria impone ai suoi iscritti al fine di fornire una serie di servizi che, va da sé, coloro che potrebbero in ogni caso permetterseli pagano anche per coloro che non potrebbero permetterseli.</span><br />
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<br />
<i><b>Alcune finte conclusioni</b></i><br />
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Il giudizio morale sotteso a tutto ciò è null'altro che questo: è giusto che tutti provvedano ai bisogni più o meno essenziali di tutti. Questa scelta non è demandata alla morale di ciascuno, ma è obbligatoria per tutti. Una parte della nostra moralità è sacrificata sull'altare della convivenza. Con ciò non voglio affermare che in assoluto le tasse siano il Male, poiché non esiste nessun compromesso inaccettabile, ma ciascuna scelta morale deve essere valutata sulla base delle circostanze esistenziali soggiacenti. In questo caso, addirittura, nessuna scelta morale può essere valutata se non quella di operare atti di ribellione fiscale, che si portano dietro una serie di conseguenze spiacevoli che non ci permettono di valutare obiettivamente questa opzione come scelta morale neutra, in relazione a quanto detto prima. Sulla base di questo sistema sociale, la cura del proprio prossimo nei suoi bisogni essenziali dovrebbe essere sottratta alla moralità degli individui.<br />
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<span class="st">Per tirar le somme, a me pare che ogni azione dello Stato equivalga a un giudizio morale assoluto, il quale di per sé è fuor di giustizia. Alle estreme conseguenze, immaginare un sistema di organizzazione sociale, che può anche configurarsi come economico, totalmente e pervasivamente statalizzato equivale sottoporre completamente la vita individuale a giudizi morali che per loro sostanza non possono che essere odiosi, e una vita vissuta nell'odio dell'imposizione morale non può essere una vita felice, per quanto provvista di ogni comodità.</span>effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-68213784613997112562011-12-27T20:33:00.001+01:002011-12-27T20:36:30.861+01:00Spiriti di un certo tipoMi chiedo quanto saranno diversi mai quelli che oggi ragionano di politica prendendo a riferimento quello che fu il ventennio da quelli che invece ragionano di politica prendendo a riferimento quello che fu il ventennio.effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-48184726002861295852011-12-14T22:11:00.000+01:002011-12-14T22:11:29.401+01:00Indignados: due cose più un post scriptum1. La pretesa degli italiani che il politico, in quanto tale, debba avere un'onestà fuori dal comune è una pretesa piuttosto irrazionale, e come tale va trattata.<br />
2. Se quella trasmissione dei pacchi che uno deve scegliere, e basta, per vincere dei soldi, ha tanto successo, vorrà pur dir qualcosa. Non rimane che ascoltare e star tranquillini.effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-72364142947988227072011-10-31T08:26:00.000+01:002011-10-31T08:26:44.324+01:00Il nonno con l'AlzheimerLa convention del rottamatore Renzi ha molto infastidito non solo l'establishment storico del sedicente Partito Democratico, quanto, affare assai più notevole, una gran parte di elettorato "di sinistra", il quale è terrorizzato da alcune ideuzze e alcune posizioncine da Renzi espresse, che paian essere addirittura classificabili come espressioni "di destra".<br />
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Ora io lascio da parte il discorso "cos'è la destra cos'è la sinistra", prima di tutto perché è talmente insensato da poter trovare tranquillamente posto nei dibattiti dei socialini, e in secondo luogo perché è tremendamente noioso. Piuttosto mi interessa questo panico che i rottamatori hanno seminato a giro.<br />
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Le dichiarazioni di Bersani sono emblematiche: "non è giovane è vecchio", "ho ragione io", "i regazzini a letto presto", "gne gne gne". Giudicate voi.<br />
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Dall'altro lato si sviluppa un dibattito sulla legislazione del lavoro e sulla Costituzione. La posizione "della sinistra" è chiara: "il lavoro non si tocca". E la Costituzione? non si tocca. Ora è chiaro che posizioni del genere uno se le aspetta dal nonno partigiano con l'Alzheimer, al quale non si può che dar ragione per intanto che gli si infila un cucchiaio di brodaglia in bocca sperando che crepi presto, ma da un partito di governo, ecco.<br />
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La roba più pesa che si rimprovera a Renzi è che il pischello riceve apprezzamenti da una serie di personaggi classificati nelle file nemiche, il più grosso che mi viene in mente è Ferrara Giuliano, e che dunque non può aver ragione.<br />
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Io volevo solo dire ai compagni della mozione "non si tocca" che questi personaggi qua hanno difeso il Berlusconi superando ogni imbarazzo perché erano terrorizzati dal nonno coll'Alzheimer, che piuttosto che lui chiunque. E alla stessa maniera una buona parte di quelli che hanno votato la qualunque purché non.<br />
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Questo è compagni conservatori. Non si ferma il mondo cogli occhi chiusi e la testa sottoterra.effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-32811332054777922112010-11-13T22:48:00.004+01:002010-11-13T23:39:38.804+01:00Sul concetto di infinito e su DioDelle teorie sull'origine dell'universo, di questo almeno, la più accreditata o meglio la più classica è quella cosiddetta del <span style="font-style: italic;">Big Bang</span>. Se si chiedesse a un gran numero di persone di descrivere sommariamente questa teoria o quantomeno di riconoscerla in un enunciato, certamente la risposta più condivisa che si otterrebbe sarebbe approssimativamente questa: "Prima c'era una palla di materia che poi è esplosa e ha creato l'universo". E' ovvio che la domanda più immediata che si propone, dinanzi allo scenario di una "palletta" di materia supercondensata sospesa nel "nulla" è: "chi ce l'ha messa?", e la risposta più semplice e stupida che si possa fornire è "Dio".<br />
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Siamo d'altronde abituati a pensare secondo quella che è la nostra esperienza quotidiana, che si compone di un certo grande numero di concatenazioni causa-effetto, e che ci impone di pensare in questi termini circa qualsiasi argomento. Apro il rubinetto dell'acqua, esce l'acqua. Tocco l'acqua, mi bagno. C'è una palla di materia, qualcuno ce l'ha messa. E' a questa maniera piuttosto rustica di ragionare che si riconducono le cosiddette prove filosofiche dell'esistenza di Dio, definito sovente come, appunto, prima causa, o primo motore. E' addirittura l'essenza stessa della divinità a fondarsi sul concetto di principio. Tralascerò di ragionare sulla domanda che dovrebbe sorgere altrettanto spontanea, ovvero "chi ce l'ha messo Dio?", se non si accetta che la famosa palla di materia originaria possa essere stata increata, e d'altronde pare piuttosto artificioso tentare di sottrarre questo fantastico principio Divino dalle caratteristiche causalistiche della materia in sé per risolvere in maniera bovina la questione.<br />
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La questione più importante che però sovrasta<span style="font-style: italic;"> </span>tutte le chiacchiere qui sopra è l'enunciazione errata che si dà della stessa teoria del Big Bang, che è stata piegata da un tale papa alle esigenze dei credenti in un principio creatore, ma che non prevede sicuramente nessuna palletta di materia metaspaziale. Mi spiego con una figura:<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRKzhLADLtG38_ttq3BAGKWsIWOwax-J1yo2AW8T5ObWDSCma9Msq9vNWbM2t4GvfDW9q37eiosLg5wFZ23NbNkmrrtbX55c-DXZQkR9eF0uAN7QxJYAJJOew6N5pZnYdr7F1uF_zEmVO-/s1600/xy.png" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5539161844530878050" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRKzhLADLtG38_ttq3BAGKWsIWOwax-J1yo2AW8T5ObWDSCma9Msq9vNWbM2t4GvfDW9q37eiosLg5wFZ23NbNkmrrtbX55c-DXZQkR9eF0uAN7QxJYAJJOew6N5pZnYdr7F1uF_zEmVO-/s320/xy.png" style="cursor: pointer; display: block; height: 248px; margin: 0px auto 10px; text-align: center; width: 320px;" /></a><br />
Per chi non avesse familiarità con le funzioni matematiche -- shame on you -- quello è il grafico della funzione 1/x. Immaginate di essere quella palletta che può scorrere soltanto lungo la linea blu, e che giungendo sull'asse verticale a sinistra immaginate di tornare indietro nel tempo fino al momento in cui c'era la famosa palletta di materia. Insomma, un infinitesimo più a destra dell'asse verticale inizia l'universo, comincia l'espansione. E' chiaro che procedendo verso sinistra, e dunque andando indietro nel tempo, ci si avvicina sì al momento principale, ma ci si avvicina sempre meno man mano che la distanza si riduce. Di fatto, questo momento zero non è raggiungibile, perché non si può dividere un numero finito per zero. Lo zero non è nel campo di esistenza di quella funzione, e alla stessa maniera, il momento zero non è previsto nella teoria del big bang. Il tempo si addensa infinitamente a destra dello zero, in maniera tale che non esiste nessuna palletta di materia originaria. Tutto quello che esiste è l'esplosione e la successiva espansione. Non ha senso applicare il concetto di causalismo all'origine dell'universo stessa, e non c'è alcun bisogno di ricorrere a entità creatrici perché la teoria è completa senza di esse.<br />
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Quello che invece si fa quando si pensa a una divinità è derivare questo infinito da potenze di cose finite: Dio è infinitamente buono. Cosa significa nessuno lo sa. Si prende semplicemente una categoria finita, la bontà, della quale abbiamo esperienza, e la si mostrifica in un'infinita bontà. Questo procedimento è piuttosto banale e infantile, eppure riscuote un certo successo perché incontra la familiarità che abbiamo col finito, e la mistifica in maniera da farci credere ragionevole qualcosa che è in definitiva una gran stupidaggine.<br />
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Ciò che invece è notevole è che pochissimi hanno familiarità con il concetto di infinito matematico, e che la maggior parte delle persone "scafate", se chiedi loro quanto fa un numero finito diviso per zero, ti risponderanno con soddisfazione: "infinito!"effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-84428995955451825672010-10-13T13:30:00.003+02:002010-10-13T14:02:29.374+02:00Il complotto delle "sette sorelle"Le sette sorelle; chi non ne ha sentito parlare? No, non sto parlando delle Pleiadi o della catena montuosa norvegese, né di cascate grattacieli film porni, bensì delle famigerate compagnie petrolifere che controllano con bastone e carota l'economia energetica mondiale. Un cartello economico senza scrupoli che ci nasconde la soluzione energetica definitiva, a basso costo e completamente pulita, per la bieca avarizia dalla quale è caratterizzato.<br /><br />Le fonti rinnovabili unite all'idrogeno sono la soluzione; le auto elettriche, le auto ad aria compressa, o perché no, le auto a molla ci regaleranno aria pulita e viaggi lunghissimi a costo quasi zero. Ma le malvagie compagnie petrolifere impediscono alle aziende di commercializzare queste tecnologie — che sono già ampiamente disponibili e addirittura ingegnerizzate — attraverso una rete di controllo e un'attività di lobbying imponentissima, che si serve di navi aliene per rapire i pericolosi sovversivi che vogliono diffondere il verbo dell'energia pulita — <a href="http://media.panorama.it/media/foto/2008/04/24/482f655db54fb_zoom.jpg">tranne questo qui</a> — e di una rete sotterranea di spie, informatori, infiltrati a tutti i livelli per scovare qualunque tentativo di liberazione dalla schiavitù del petrolio e sopprimerlo sul nascere.<br /><br />Io mi immagino questo tizio che un giorno decide di buttarsi sul business dell'idrogeno, e deposita un bel brevetto magari insensato magari no all'EPO, e il giorno dopo dlin dlon il campanello, e c'è questo tizio di nero vestito, auricolare e tutto, con una valigetta piena di contanti in una mano, e un sacco di iuta con corda di nylon nell'altra.effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-51509402018424147572010-09-22T19:02:00.002+02:002010-09-22T19:05:31.726+02:00L'alfabeto Morris<style type="text/css">p { margin-bottom: 0.21cm; }</style> <p style="margin-bottom: 0cm;">Uno pensa di essere sfigato, che non ha mai vinto concorsi a premi, pure ingurgitando tonnellate di merda con i punti sopra.</p> <p style="margin-bottom: 0cm;">E quando andavo al bar, li guardavo i tizi che al cornetto e al cappuccino ci aggiungevano sempre un tiro di dadi, un grattevvinci. Un giornale e un grattevvinci, una pasta e un grattevvinci, un succo due caffè tre grattevvinci. Quelli lì ogni mattina una speranza si comprava a due euro o quel che è. Chiamarli stupidi si faceva presto, e in effetti non ci si sbagliava di molto. Però c'era quella cosa: la routine della speranza.</p> <p style="margin-bottom: 0cm;">Questo vecchio, la mattina, con gli abiti neri ingrigiti dall'uso, i capelli dal tempo e gli occhi dalla cataratta, era un routinario della speranza. La colazione non la faceva: s'aggirava per i tavolini lì nel patio, piluccava qualche giornaletto di provincia, ma, a mio parere, nemmen arrivava a capire le figure. Tutti i giorni, come fosse un'ape con la sua danza dell'amore, svoltava tra i tavoli sempre uguale, lui e le svolte, e in meno di dieci minuti s'appressava al banco: un grattevvinci. Io credo che la gran parte della sua giornata si svolgesse nell'attesa di quella danza che l'accostava alla speranza. Io l'immagino che estratta la moneta dal portasoldi, grattata via la copertura dorata, lui compisse un rito. Non le guardava le robe che uscivan sotto, non credo che capisse il gioco come doveva andare, né che potesse leggere alcunché. A grattare l'aiutavan la vecchiaia e la morte, col tremore.</p> <p style="margin-bottom: 0cm;">Io al bar ci andavo per farmi i fatti miei, non è che mi interessasse quell'umanità stantia, acchiappata nel giorno che viene, e capitò un giorno per caso che ci incontrai il vecchio. Era la mattina assai presto, e questo lo si spiega con l'insonnia dei vecchi e con l'impazienza pel rito. Ci riandai un paio di volte, a quell'ora, per vedere se ce lo ritrovavo, il vecchio. Poi non smisi, quando arrivava il vecchio ero già lì da qualche minuto, e la mia routine era pure questa: me lo guardavo, ingollavo quello che rimaneva della colazione e me ne andavo.</p> <p style="margin-bottom: 0cm;">Era un bel mercoledì d'inverno: le giornate che ti immagini il Cristo crocefisso sotto quel cielo: le masse d'acqua nere che si muovono nell'aria come gigantesche aeronavi non umane: il vento che sferza e fischia: l'anima delle persone che si rattrappisce pel freddo nel didentro. Il patio era chiuso dalle tende di plastica, e riscaldato da un paio di sifoni col collo dorato. Il vecchio scostò il tendino dell'ingresso e cominciò la danza. Dieci minuti ancora al grattevvinci. Io l'ho visto che quella volta il vecchio era venuto accompagnato. Quando arrivò al bancone, al solito, si grattò la sua schedina col tremore suo. Io non ve l'ho detto che lui le schedine le buttava appena finito di grattare, ma il macchinista di quel bar lì alla cassa le guardava per lui, di soppiatto ché non gli era stato chiesto. Quella volta s'udì distinto. </p> <p style="margin-bottom: 0cm;"><i>«Signore! Prego, signore!» Non si gira. Il macchinista chiama ancora: «Signore, guardi, venga qui per cortesia.»</i></p> <p style="margin-bottom: 0cm;">Ho sempre pensato che il vecchio fosse una persona di quelle che i vucumprà gli rifilan sempre la roba, che non sanno dir di no: di quelle che i tossici ci fan le collette sopra. O forse, che ne so, pensava d'essersi dimenticato di pagare. Altrimenti non sarebbe tornato.</p> <p style="margin-bottom: 0cm;"><i>Confabulano un po', il pubblico non sente. S'avverte la voce preoccupata del macchinista: cresce di volume. Ci s'accorge di un «sta bene. .. Maria, porta un po' d'acqua.. Chiamate qualcuno per favore, Gianni porta una sedia.»</i></p> <p style="margin-bottom: 0cm; font-style: normal;">Quel vecchio aveva vinto. Cento euro, forse duecento, ed era morto. L'ambulanza bloccata dal temporale che aveva principiato a batter violento sul telone del patio. Le persone fingevan d'agitarsi; qualcuno s'agitava sul serio. La maggior parte, credo io, stava congegnando se ci fosse una maniera per utilizzare quel biglietto da 200 euro senza apparir cinici. Io me ne andai nel temporale, che la fortuna sua m'aveva portato via il mio passatempo.</p> <p style="margin-bottom: 0cm; font-style: normal;">Uno pensa di essere sfigato, che non ha mai vinto concorsi a premi, pure ingurgitando tonnellate di merda con i punti sopra, che poi arriva sempre un tizio che ti dice che in qualche parte del mondo c'è qualcuno senza braccia, e senza gambe, e senza testa, che comunica scorreggiando nell'alfabeto Morris.</p><p style="margin-bottom: 0cm; font-style: normal;">il mio pezzo per Cronache di una sorte annunciata, che si carica da <a href="http://barabba-log.blogspot.com/2010/09/cronache-di-una-sorte-annunciata-un.html">qui</a>.<br /></p>effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-59485127312600400972010-09-20T19:43:00.003+02:002010-09-20T20:38:04.906+02:00Mamma li moderati!L'altro giorno guardavo Di Pietro da Giannini — Giannini mi fa un po' impressione — e insomma si parlava del più e del meno, con Di Pietro che vabbè. E niente, una cosa tira l'altra, si è arrivati alla questione dell'elettorato moderato, se si può fare a meno di Casini. Al che uno dice diolupo, dopo sente Di Pietro che dice una cosa tipo: "Oh, ma oh, ma ghghghghg tanto va la gatta al lardo le mezze stagioni cca' nisciun è fess' " e poi posa gli occhialetti, ritorna in posizione eretta e dice tipo: "Ma io sono un moderato, ma che scherziamo! Io so' cattolico, vado a messa tutte le domeniche."<br /><br />Io sono cattolico allora io sono moderato, mi pareva un'affermazione un po' così, d'azzardo. Allora, con lo spirito della scienza sperimentale mi sono armato di partitaiva, ho comprato un paio di bambini da un frocio qui dietro l'angolo, li ho legati per le zampe e mi sono recato presso il Santo Uffizio per chiedere in cambio un'intervista al capo di tutti i moderati, il Santo Papà. Come sapete, il Santo Papà non è solito prestare i suoi amabili ingegni alle domande, e nemmeno per quei capponi ha fatto un'eccezione. Intendiamoci, se li è presi, poi mi ha lasciato un biglietto da sotto lo stipite. Diceva: <span style="font-style: italic;">"No, a tutto"</span>. E niente, allora per essere sicuri ho cominciato a fargli le domande sui dei fogliettini — da dentro nel mentre venivan dei versi! — e lui man mano mi rispondeva da sotto.<br /><br /><span style="font-weight: bold;">"libertà di espressione?"</span><br />"no"<br /><span style="font-weight: bold;">"libertà individuali?"</span><br />"no"<br /> ... specifico ...<br /><span style="font-weight: bold;">"Pornografia, sesso protetto, sesso prematrimoniale, masturbazione, divorzio, aborto, famolo strano, orgasmo femminile, femmine, videogames, film al cinema, google, harrypotter, la partita alla domenica, i libri, matrimonio omosessuale?"</span><br />"no, no"<br /><span style="font-weight: bold;">"la scienza? l'evoluzione, il libero pensiero, la ricerca, le cellule staminali, l'analisi preimpianto? il vaccino?"</span><br />"macché, no"<br /><span style="font-weight: bold;">"la scuola pubblica?"</span><br />"no, meglio di no"<br /><span style="font-weight: bold;">"la violenza? mai? mai mai?"</span><br />"mai. Porgi l'altra blabla"<br /><span style="font-weight: bold;">"diritto a morire?"</span><br />"no"<br /><span style="font-weight: bold;">"le femmine ha detto?"</span><br />"no, le femmine no"<br /><span style="font-weight: bold;">"le tasse?"</span><br />"le tasse no"<br /><span style="font-weight: bold;">"Niente niente?"</span><br />"Ma mica gli altri, gli altri sì. A noi no, niente"<br /><span style="font-weight: bold;">"il riscatto sociale?"</span><br />"no, meglio di no."<br /><span style="font-weight: bold;">"Il venerdì?"</span><br />"Pesce"effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-23033691709021958252010-09-17T21:56:00.003+02:002010-09-17T22:02:08.864+02:00Cronache di una sorte annunciataDicono che oggi sia venerdì 17, e noi razionalisti che non crediamo alla sfiga però non possiamo esimerci dalla celebrazione di questo fortunatissimo giorno.<br /><br />A tal proposito, il CICAP organizza ogni anno la giornata anti superstizione, mentre soltanto questo specialissimo anno è uscito l'attesissimo gratuitissimo ebook collettivo curato dalla Barabba edizioni.<br /><br />Dentro c'è un racconto mio, e quindi va letto tutto. Si scarica da qua:<a href="http://barabba-log.blogspot.com/2010/09/cronache-di-una-sorte-annunciata-un.html"> http://barabba-log.blogspot.com/2010/09/cronache-di-una-sorte-annunciata-un.html</a> e per adesso, che ho potuto leggere soltanto a spizzichi, vi consiglio vivamente il pezzo di Cratete, e quello di Thuna, il pezzo di Azael sulla fiducia, e l'illustrazione di Tostoini.effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-15209755475738304522010-09-17T14:54:00.003+02:002010-09-17T15:13:43.011+02:00Sulle prescrizioni mediche obbligatorieSe c'è una cosa che mi manda al manicomio è questa pretesa degli Stati di fare i papà alle persone. Non fare quello che poi ti fai male, mettiti la cinta che se sbatti colla macchina poi, mettiti il casco bla bla bla. Un aspetto particolare di questo fatto è la prescrizione medica obbligatoria. A che serve? A fare in modo che alcuni farmaci non possano essere presi senza controllo perché pericolosi per la salute:<br /><blockquote>I medicinali soggetti all'obbligo di prescrizione medica presentano queste caratteristiche:<br />a) possono presentare un pericolo, direttamente o indirettamente, anche in condizioni normali di utilizzazione, se sono usati senza controllo medico;<br />b) sono utilizzati spesso, e in larghissima misura, in modo non corretto e, di conseguenza, con rischio di un pericolo diretto o indiretto per la salute;<br />c) contengono sostanze o preparazioni di sostanze la cui attività o le cui reazioni avverse richiedono ulteriori indagini;<br />d) sono destinati a essere somministrati per via parenterale, fatte salve le eccezioni stabilite dal Ministro della Salute, su proposta o previa consultazione dell'AIFA</blockquote>Addirittura è prevista la prescrizione medica obbligatoria non ripetibile per quei farmaci che, oltre alle caratteristiche sopra elencate<br /><blockquote>possono determinare, con l'uso continuato, stati tossici o possono comportare, comunque, rischi particolarmente elevati per la salute.</blockquote>Ora, il compito di uno Stato liberale, il solo compito, è quello di garantire la libertà. Punto. Fornire le possibilità per accedere a un qualsiasi livello di istruzione, educare alla buona cittadinanza, proteggere i propri cittadini dalla violazione delle loro libertà. In questo caso, invece, lo Stato si intromette nei cazzi delle persone, dicendo loro che non possono fare una cosa perché altrimenti fanno dànno a loro stessi, senza che — tralasciando la questione dei farmaci antibiotici che possono essere un rischio per la salute di tutti, e per i quali è lecito prevedere delle limitazioni d'uso — ci sia una ragione di salute pubblica o di interesse pubblico nel farlo.<br /><br />Ancora più odiose sono le prescrizioni mediche obbligatorie, dettate da una sorta di puritanesimo aggiuntivo, un moralismo piuttosto schifosetto, ad esempio nel caso della prescrizione obbligatoria per la pillola contraccettiva, la quale, tra l'altro, viene prescritta normalmente senza nessuna visita, in maniera automatica dal medico di base. Uno telefona, e il medico gli lascia la "ricetta" fuori dalla porta.<br /><br />In genere, è così che funziona. Le prescrizioni mediche sono una prassi piuttosto fastidiosa e noiosa, che occupano la maggior parte del tempo dei medici di base, e che nulla hanno a che vedere con l'educazione alla salute del paziente, come è vero che una legge di tipo proibitivo non supplirà mai alla mancanza di cultura.<br /><br />Il bel giorno che lo Stato smetterà di fare il papà dei suoi cittadini, sentendosi in diritto di impicciarsi del diritto delle persone a disporre del proprio corpo, sarà un giorno di quelli da sorridere al mondo.effepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-70668684823199933362010-09-16T09:49:00.008+02:002010-09-16T15:00:15.998+02:00L'ignoranza è di conforto per le opinioni deboli.<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiEcUwBlna57yBfLsGYv8Y9-tP5GnHA-m7L8eqUplh-UA1HFVXTyIzBT361j17oum5LE4wNQKm2b736RENAgAtFl46kZ2uS447e-9-hX0Av7oDUuUW-SLQmm4sum-Y6HsSf75ugaee3vy2M/s1600/jennatwo.jpeg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 299px; height: 198px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiEcUwBlna57yBfLsGYv8Y9-tP5GnHA-m7L8eqUplh-UA1HFVXTyIzBT361j17oum5LE4wNQKm2b736RENAgAtFl46kZ2uS447e-9-hX0Av7oDUuUW-SLQmm4sum-Y6HsSf75ugaee3vy2M/s320/jennatwo.jpeg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5517420290143999106" border="0" /></a><br /><span style="font-style: italic;">Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete</span>. Così apre un particolarissimo motore di ricerca del Colorado: lo scopo di <a href="http://seekfind.org/">SeekFind</a>, nome che riprende dalla traduzione evangelica anglofona del passo di Matteo, è di fornire risultati che siano "God-honoring, biblically based, and theologically sound Christian". Di fornire <span style="font-weight: bold;">soltanto</span> quei risultati, vorrebbe più chiaramente dire la didascalia.<br /><br />Così, se si cerca "Sex" il primo risultato conduce a un lungo pippone nonsense sul valore della verginità prematrimoniale, se si cerca "Jenna Jameson" ci dobbiamo invece accontentare della recensione "cristiana" del film "The Promotion", una pellicola di secondo piano nella quale però recita una tale <a href="http://www.imdb.com/name/nm0278979/">Jenna Fischer</a>, la quale per nulla somiglia alla nostra Jenna.<br /><br />Se invece cerchiamo Charles Darwin, uno di quei pochissimi che sono riusciti a rivoluzionare con una teoria semplice la maniera di guardare al mondo, ecco che il punto di vista cristiano non manca di ricordarci, in tutti i suoi risultati, che la selezione naturale sarebbe una teoria in crisi:<br /><blockquote>today we know that natural selection is a deficient mechanism, even in light of genetic mutation. In fact, with the tremendous advances we've made in molecular biology, biochemistry and genetics over the past fifty years, Darwin's theory has become "a theory in crisis."</blockquote>Analoghi motori di ricerca, per gli islamici — come dubitarne — e persino per gli ebrei stanno riscuotendo un crescente successo.<br /><br />È questo il mondo che la religione vorrebbe che vedessimo, un mondo con un'unica verità consentita, privo di insidie intellettuali. Un mondo di imbecilli o babbei rinchiusi in una scatola opaca, che impedisce loro di accorgersi dell'abisso sul quale sono sospese le deboli idee che sono state loro propinate. Non si deve certo dimenticare che la Chiesa Cattolica arrivò a mettere all'indice dei libri proibiti persino la sua stessa Bibbia!<br /><br />La forza delle idee si misura con la libertà di espressione, e questa piccola operazione metrica ve la lascio come compito a casa.<br /><br /><a href="http://friendfeed.com/francescocontini/7bfe848a/l-ignoranza-e-di-conforto-per-le-opinioni-deboli">qua</a> su FriendFeedeffepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7671071358930010351.post-59403506723371948112010-09-10T13:37:00.003+02:002010-09-10T13:50:20.631+02:00#nonpiaceafrancescocontiniDio Amsterdam il Vermentino il Gazpacho l'avatar di Divara l'iPad la geolocalizzazione le battute di Cozla un eccessivo crippling la birra alla tequila la recensione su FALS di Woland il congresso provinciale IdV i pink floyd l'avatar di Ipathia L'ironia amara su fatti di crudissima attualità politica La disquisizione teologicolingustica la parola Entropia la foto di Di Pietro i chitarristi dren dren Cristicchi la pera del Monopoli il gatto L'idea che la gente possa conoscere la madre della sua ragazza Di certo il fatto che Woland e Zadigone stanno bevendo un BotteBuona Lasciare la champions a questi poveri tedeschi la penuria di scelta di un certo livello Quel post del partito democratico la chat la gente che ride Giocare con Matteo Renzi la millenaria saggezza cinese Fabrizio De Andrè lavorare e tutto il restoeffepuntohttp://www.blogger.com/profile/05818949566611145887noreply@blogger.com1