sabato 13 novembre 2010

Sul concetto di infinito e su Dio

Delle teorie sull'origine dell'universo, di questo almeno, la più accreditata o meglio la più classica è quella cosiddetta del Big Bang. Se si chiedesse a un gran numero di persone di descrivere sommariamente questa teoria o quantomeno di riconoscerla in un enunciato, certamente la risposta più condivisa che si otterrebbe sarebbe approssimativamente questa: "Prima c'era una palla di materia che poi è esplosa e ha creato l'universo". E' ovvio che la domanda più immediata che si propone, dinanzi allo scenario di una "palletta" di materia supercondensata sospesa nel "nulla" è: "chi ce l'ha messa?", e la risposta più semplice e stupida che si possa fornire è "Dio".

Siamo d'altronde abituati a pensare secondo quella che è la nostra esperienza quotidiana, che si compone di un certo grande numero di concatenazioni causa-effetto, e che ci impone di pensare in questi termini circa qualsiasi argomento. Apro il rubinetto dell'acqua, esce l'acqua. Tocco l'acqua, mi bagno. C'è una palla di materia, qualcuno ce l'ha messa. E' a questa maniera piuttosto rustica di ragionare che si riconducono le cosiddette prove filosofiche dell'esistenza di Dio, definito sovente come, appunto, prima causa, o primo motore. E' addirittura l'essenza stessa della divinità a fondarsi sul concetto di principio. Tralascerò di ragionare sulla domanda che dovrebbe sorgere altrettanto spontanea, ovvero "chi ce l'ha messo Dio?", se non si accetta che la famosa palla di materia originaria possa essere stata increata, e d'altronde pare piuttosto artificioso tentare di sottrarre questo fantastico principio Divino dalle caratteristiche causalistiche della materia in sé per risolvere in maniera bovina la questione.

La questione più importante che però sovrasta tutte le chiacchiere qui sopra è l'enunciazione errata che si dà della stessa teoria del Big Bang, che è stata piegata da un tale papa alle esigenze dei credenti in un principio creatore, ma che non prevede sicuramente nessuna palletta di materia metaspaziale. Mi spiego con una figura:

Per chi non avesse familiarità con le funzioni matematiche -- shame on you -- quello è il grafico della funzione 1/x. Immaginate di essere quella palletta che può scorrere soltanto lungo la linea blu, e che giungendo sull'asse verticale a sinistra immaginate di tornare indietro nel tempo fino al momento in cui c'era la famosa palletta di materia. Insomma, un infinitesimo più a destra dell'asse verticale inizia l'universo, comincia l'espansione. E' chiaro che procedendo verso sinistra, e dunque andando indietro nel tempo, ci si avvicina sì al momento principale, ma ci si avvicina sempre meno man mano che la distanza si riduce. Di fatto, questo momento zero non è raggiungibile, perché non si può dividere un numero finito per zero. Lo zero non è nel campo di esistenza di quella funzione, e alla stessa maniera, il momento zero non è previsto nella teoria del big bang. Il tempo si addensa infinitamente a destra dello zero, in maniera tale che non esiste nessuna palletta di materia originaria. Tutto quello che esiste è l'esplosione e la successiva espansione. Non ha senso applicare il concetto di causalismo all'origine dell'universo stessa, e non c'è alcun bisogno di ricorrere a entità creatrici perché la teoria è completa senza di esse.

Quello che invece si fa quando si pensa a una divinità è derivare questo infinito da potenze di cose finite: Dio è infinitamente buono. Cosa significa nessuno lo sa. Si prende semplicemente una categoria finita, la bontà, della quale abbiamo esperienza, e la si mostrifica in un'infinita bontà. Questo procedimento è piuttosto banale e infantile, eppure riscuote un certo successo perché incontra la familiarità che abbiamo col finito, e la mistifica in maniera da farci credere ragionevole qualcosa che è in definitiva una gran stupidaggine.

Ciò che invece è notevole è che pochissimi hanno familiarità con il concetto di infinito matematico, e che la maggior parte delle persone "scafate", se chiedi loro quanto fa un numero finito diviso per zero, ti risponderanno con soddisfazione: "infinito!"

mercoledì 13 ottobre 2010

Il complotto delle "sette sorelle"

Le sette sorelle; chi non ne ha sentito parlare? No, non sto parlando delle Pleiadi o della catena montuosa norvegese, né di cascate grattacieli film porni, bensì delle famigerate compagnie petrolifere che controllano con bastone e carota l'economia energetica mondiale. Un cartello economico senza scrupoli che ci nasconde la soluzione energetica definitiva, a basso costo e completamente pulita, per la bieca avarizia dalla quale è caratterizzato.

Le fonti rinnovabili unite all'idrogeno sono la soluzione; le auto elettriche, le auto ad aria compressa, o perché no, le auto a molla ci regaleranno aria pulita e viaggi lunghissimi a costo quasi zero. Ma le malvagie compagnie petrolifere impediscono alle aziende di commercializzare queste tecnologie — che sono già ampiamente disponibili e addirittura ingegnerizzate — attraverso una rete di controllo e un'attività di lobbying imponentissima, che si serve di navi aliene per rapire i pericolosi sovversivi che vogliono diffondere il verbo dell'energia pulita — tranne questo qui — e di una rete sotterranea di spie, informatori, infiltrati a tutti i livelli per scovare qualunque tentativo di liberazione dalla schiavitù del petrolio e sopprimerlo sul nascere.

Io mi immagino questo tizio che un giorno decide di buttarsi sul business dell'idrogeno, e deposita un bel brevetto magari insensato magari no all'EPO, e il giorno dopo dlin dlon il campanello, e c'è questo tizio di nero vestito, auricolare e tutto, con una valigetta piena di contanti in una mano, e un sacco di iuta con corda di nylon nell'altra.

mercoledì 22 settembre 2010

L'alfabeto Morris

Uno pensa di essere sfigato, che non ha mai vinto concorsi a premi, pure ingurgitando tonnellate di merda con i punti sopra.

E quando andavo al bar, li guardavo i tizi che al cornetto e al cappuccino ci aggiungevano sempre un tiro di dadi, un grattevvinci. Un giornale e un grattevvinci, una pasta e un grattevvinci, un succo due caffè tre grattevvinci. Quelli lì ogni mattina una speranza si comprava a due euro o quel che è. Chiamarli stupidi si faceva presto, e in effetti non ci si sbagliava di molto. Però c'era quella cosa: la routine della speranza.

Questo vecchio, la mattina, con gli abiti neri ingrigiti dall'uso, i capelli dal tempo e gli occhi dalla cataratta, era un routinario della speranza. La colazione non la faceva: s'aggirava per i tavolini lì nel patio, piluccava qualche giornaletto di provincia, ma, a mio parere, nemmen arrivava a capire le figure. Tutti i giorni, come fosse un'ape con la sua danza dell'amore, svoltava tra i tavoli sempre uguale, lui e le svolte, e in meno di dieci minuti s'appressava al banco: un grattevvinci. Io credo che la gran parte della sua giornata si svolgesse nell'attesa di quella danza che l'accostava alla speranza. Io l'immagino che estratta la moneta dal portasoldi, grattata via la copertura dorata, lui compisse un rito. Non le guardava le robe che uscivan sotto, non credo che capisse il gioco come doveva andare, né che potesse leggere alcunché. A grattare l'aiutavan la vecchiaia e la morte, col tremore.

Io al bar ci andavo per farmi i fatti miei, non è che mi interessasse quell'umanità stantia, acchiappata nel giorno che viene, e capitò un giorno per caso che ci incontrai il vecchio. Era la mattina assai presto, e questo lo si spiega con l'insonnia dei vecchi e con l'impazienza pel rito. Ci riandai un paio di volte, a quell'ora, per vedere se ce lo ritrovavo, il vecchio. Poi non smisi, quando arrivava il vecchio ero già lì da qualche minuto, e la mia routine era pure questa: me lo guardavo, ingollavo quello che rimaneva della colazione e me ne andavo.

Era un bel mercoledì d'inverno: le giornate che ti immagini il Cristo crocefisso sotto quel cielo: le masse d'acqua nere che si muovono nell'aria come gigantesche aeronavi non umane: il vento che sferza e fischia: l'anima delle persone che si rattrappisce pel freddo nel didentro. Il patio era chiuso dalle tende di plastica, e riscaldato da un paio di sifoni col collo dorato. Il vecchio scostò il tendino dell'ingresso e cominciò la danza. Dieci minuti ancora al grattevvinci. Io l'ho visto che quella volta il vecchio era venuto accompagnato. Quando arrivò al bancone, al solito, si grattò la sua schedina col tremore suo. Io non ve l'ho detto che lui le schedine le buttava appena finito di grattare, ma il macchinista di quel bar lì alla cassa le guardava per lui, di soppiatto ché non gli era stato chiesto. Quella volta s'udì distinto.

«Signore! Prego, signore!» Non si gira. Il macchinista chiama ancora: «Signore, guardi, venga qui per cortesia.»

Ho sempre pensato che il vecchio fosse una persona di quelle che i vucumprà gli rifilan sempre la roba, che non sanno dir di no: di quelle che i tossici ci fan le collette sopra. O forse, che ne so, pensava d'essersi dimenticato di pagare. Altrimenti non sarebbe tornato.

Confabulano un po', il pubblico non sente. S'avverte la voce preoccupata del macchinista: cresce di volume. Ci s'accorge di un «sta bene. .. Maria, porta un po' d'acqua.. Chiamate qualcuno per favore, Gianni porta una sedia.»

Quel vecchio aveva vinto. Cento euro, forse duecento, ed era morto. L'ambulanza bloccata dal temporale che aveva principiato a batter violento sul telone del patio. Le persone fingevan d'agitarsi; qualcuno s'agitava sul serio. La maggior parte, credo io, stava congegnando se ci fosse una maniera per utilizzare quel biglietto da 200 euro senza apparir cinici. Io me ne andai nel temporale, che la fortuna sua m'aveva portato via il mio passatempo.

Uno pensa di essere sfigato, che non ha mai vinto concorsi a premi, pure ingurgitando tonnellate di merda con i punti sopra, che poi arriva sempre un tizio che ti dice che in qualche parte del mondo c'è qualcuno senza braccia, e senza gambe, e senza testa, che comunica scorreggiando nell'alfabeto Morris.

il mio pezzo per Cronache di una sorte annunciata, che si carica da qui.

lunedì 20 settembre 2010

Mamma li moderati!

L'altro giorno guardavo Di Pietro da Giannini — Giannini mi fa un po' impressione — e insomma si parlava del più e del meno, con Di Pietro che vabbè. E niente, una cosa tira l'altra, si è arrivati alla questione dell'elettorato moderato, se si può fare a meno di Casini. Al che uno dice diolupo, dopo sente Di Pietro che dice una cosa tipo: "Oh, ma oh, ma ghghghghg tanto va la gatta al lardo le mezze stagioni cca' nisciun è fess' " e poi posa gli occhialetti, ritorna in posizione eretta e dice tipo: "Ma io sono un moderato, ma che scherziamo! Io so' cattolico, vado a messa tutte le domeniche."

Io sono cattolico allora io sono moderato, mi pareva un'affermazione un po' così, d'azzardo. Allora, con lo spirito della scienza sperimentale mi sono armato di partitaiva, ho comprato un paio di bambini da un frocio qui dietro l'angolo, li ho legati per le zampe e mi sono recato presso il Santo Uffizio per chiedere in cambio un'intervista al capo di tutti i moderati, il Santo Papà. Come sapete, il Santo Papà non è solito prestare i suoi amabili ingegni alle domande, e nemmeno per quei capponi ha fatto un'eccezione. Intendiamoci, se li è presi, poi mi ha lasciato un biglietto da sotto lo stipite. Diceva: "No, a tutto". E niente, allora per essere sicuri ho cominciato a fargli le domande sui dei fogliettini — da dentro nel mentre venivan dei versi! — e lui man mano mi rispondeva da sotto.

"libertà di espressione?"
"no"
"libertà individuali?"
"no"
... specifico ...
"Pornografia, sesso protetto, sesso prematrimoniale, masturbazione, divorzio, aborto, famolo strano, orgasmo femminile, femmine, videogames, film al cinema, google, harrypotter, la partita alla domenica, i libri, matrimonio omosessuale?"
"no, no"
"la scienza? l'evoluzione, il libero pensiero, la ricerca, le cellule staminali, l'analisi preimpianto? il vaccino?"
"macché, no"
"la scuola pubblica?"
"no, meglio di no"
"la violenza? mai? mai mai?"
"mai. Porgi l'altra blabla"
"diritto a morire?"
"no"
"le femmine ha detto?"
"no, le femmine no"
"le tasse?"
"le tasse no"
"Niente niente?"
"Ma mica gli altri, gli altri sì. A noi no, niente"
"il riscatto sociale?"
"no, meglio di no."
"Il venerdì?"
"Pesce"

venerdì 17 settembre 2010

Cronache di una sorte annunciata

Dicono che oggi sia venerdì 17, e noi razionalisti che non crediamo alla sfiga però non possiamo esimerci dalla celebrazione di questo fortunatissimo giorno.

A tal proposito, il CICAP organizza ogni anno la giornata anti superstizione, mentre soltanto questo specialissimo anno è uscito l'attesissimo gratuitissimo ebook collettivo curato dalla Barabba edizioni.

Dentro c'è un racconto mio, e quindi va letto tutto. Si scarica da qua: http://barabba-log.blogspot.com/2010/09/cronache-di-una-sorte-annunciata-un.html e per adesso, che ho potuto leggere soltanto a spizzichi, vi consiglio vivamente il pezzo di Cratete, e quello di Thuna, il pezzo di Azael sulla fiducia, e l'illustrazione di Tostoini.

Sulle prescrizioni mediche obbligatorie

Se c'è una cosa che mi manda al manicomio è questa pretesa degli Stati di fare i papà alle persone. Non fare quello che poi ti fai male, mettiti la cinta che se sbatti colla macchina poi, mettiti il casco bla bla bla. Un aspetto particolare di questo fatto è la prescrizione medica obbligatoria. A che serve? A fare in modo che alcuni farmaci non possano essere presi senza controllo perché pericolosi per la salute:
I medicinali soggetti all'obbligo di prescrizione medica presentano queste caratteristiche:
a) possono presentare un pericolo, direttamente o indirettamente, anche in condizioni normali di utilizzazione, se sono usati senza controllo medico;
b) sono utilizzati spesso, e in larghissima misura, in modo non corretto e, di conseguenza, con rischio di un pericolo diretto o indiretto per la salute;
c) contengono sostanze o preparazioni di sostanze la cui attività o le cui reazioni avverse richiedono ulteriori indagini;
d) sono destinati a essere somministrati per via parenterale, fatte salve le eccezioni stabilite dal Ministro della Salute, su proposta o previa consultazione dell'AIFA
Addirittura è prevista la prescrizione medica obbligatoria non ripetibile per quei farmaci che, oltre alle caratteristiche sopra elencate
possono determinare, con l'uso continuato, stati tossici o possono comportare, comunque, rischi particolarmente elevati per la salute.
Ora, il compito di uno Stato liberale, il solo compito, è quello di garantire la libertà. Punto. Fornire le possibilità per accedere a un qualsiasi livello di istruzione, educare alla buona cittadinanza, proteggere i propri cittadini dalla violazione delle loro libertà. In questo caso, invece, lo Stato si intromette nei cazzi delle persone, dicendo loro che non possono fare una cosa perché altrimenti fanno dànno a loro stessi, senza che — tralasciando la questione dei farmaci antibiotici che possono essere un rischio per la salute di tutti, e per i quali è lecito prevedere delle limitazioni d'uso — ci sia una ragione di salute pubblica o di interesse pubblico nel farlo.

Ancora più odiose sono le prescrizioni mediche obbligatorie, dettate da una sorta di puritanesimo aggiuntivo, un moralismo piuttosto schifosetto, ad esempio nel caso della prescrizione obbligatoria per la pillola contraccettiva, la quale, tra l'altro, viene prescritta normalmente senza nessuna visita, in maniera automatica dal medico di base. Uno telefona, e il medico gli lascia la "ricetta" fuori dalla porta.

In genere, è così che funziona. Le prescrizioni mediche sono una prassi piuttosto fastidiosa e noiosa, che occupano la maggior parte del tempo dei medici di base, e che nulla hanno a che vedere con l'educazione alla salute del paziente, come è vero che una legge di tipo proibitivo non supplirà mai alla mancanza di cultura.

Il bel giorno che lo Stato smetterà di fare il papà dei suoi cittadini, sentendosi in diritto di impicciarsi del diritto delle persone a disporre del proprio corpo, sarà un giorno di quelli da sorridere al mondo.

giovedì 16 settembre 2010

L'ignoranza è di conforto per le opinioni deboli.


Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete. Così apre un particolarissimo motore di ricerca del Colorado: lo scopo di SeekFind, nome che riprende dalla traduzione evangelica anglofona del passo di Matteo, è di fornire risultati che siano "God-honoring, biblically based, and theologically sound Christian". Di fornire soltanto quei risultati, vorrebbe più chiaramente dire la didascalia.

Così, se si cerca "Sex" il primo risultato conduce a un lungo pippone nonsense sul valore della verginità prematrimoniale, se si cerca "Jenna Jameson" ci dobbiamo invece accontentare della recensione "cristiana" del film "The Promotion", una pellicola di secondo piano nella quale però recita una tale Jenna Fischer, la quale per nulla somiglia alla nostra Jenna.

Se invece cerchiamo Charles Darwin, uno di quei pochissimi che sono riusciti a rivoluzionare con una teoria semplice la maniera di guardare al mondo, ecco che il punto di vista cristiano non manca di ricordarci, in tutti i suoi risultati, che la selezione naturale sarebbe una teoria in crisi:
today we know that natural selection is a deficient mechanism, even in light of genetic mutation. In fact, with the tremendous advances we've made in molecular biology, biochemistry and genetics over the past fifty years, Darwin's theory has become "a theory in crisis."
Analoghi motori di ricerca, per gli islamici — come dubitarne — e persino per gli ebrei stanno riscuotendo un crescente successo.

È questo il mondo che la religione vorrebbe che vedessimo, un mondo con un'unica verità consentita, privo di insidie intellettuali. Un mondo di imbecilli o babbei rinchiusi in una scatola opaca, che impedisce loro di accorgersi dell'abisso sul quale sono sospese le deboli idee che sono state loro propinate. Non si deve certo dimenticare che la Chiesa Cattolica arrivò a mettere all'indice dei libri proibiti persino la sua stessa Bibbia!

La forza delle idee si misura con la libertà di espressione, e questa piccola operazione metrica ve la lascio come compito a casa.

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venerdì 10 settembre 2010

#nonpiaceafrancescocontini

Dio Amsterdam il Vermentino il Gazpacho l'avatar di Divara l'iPad la geolocalizzazione le battute di Cozla un eccessivo crippling la birra alla tequila la recensione su FALS di Woland il congresso provinciale IdV i pink floyd l'avatar di Ipathia L'ironia amara su fatti di crudissima attualità politica La disquisizione teologicolingustica la parola Entropia la foto di Di Pietro i chitarristi dren dren Cristicchi la pera del Monopoli il gatto L'idea che la gente possa conoscere la madre della sua ragazza Di certo il fatto che Woland e Zadigone stanno bevendo un BotteBuona Lasciare la champions a questi poveri tedeschi la penuria di scelta di un certo livello Quel post del partito democratico la chat la gente che ride Giocare con Matteo Renzi la millenaria saggezza cinese Fabrizio De Andrè lavorare e tutto il resto

giovedì 9 settembre 2010

Sui miracoli

Il Dio immaginato dalle grandi religioni monoteistiche soffre di una decisa contraddizione: l'idea è quella di un Dio trascendente, eppure è necessario che esso possegga un rapporto col mondo, perché abbia un qualche carattere di esistenza.

Il Cristianesimo, in particolare, si fonda essenzialmente sul miracolo, e dunque sui miracoli. Il Miracolo è il Dio in terra, la resurrezione, e per questo l'intervento divino nel mondo è l'essenza stessa dell'idea di Dio che la dottrina possiede. Dunque, qualunque cosa ne dicano i teorici dei cosiddetti magisteri non sovrapponibili, è compito della scienza occuparsi di questo Dio fenomeno alteratore delle leggi naturali, osservabile attraverso i miracoli. Lasciate che d'ora in poi mi riferisca, per comodità, alla religione cattolica romana blabla, che è preponderante in termini culturali alle nostre latilongitudini. Si potrebbero fare discorsi analoghi, o comunque poco dissimili, in riferimento ad altri culti e credenze, e magari prima o poi qualcosa scriverò.

Ordunque, sebbene un credente di quelli nostrani debba, per definizione, credere nel Vangelo e nei miracoli relativi, egli può dubitare di tutti quegli altri che non sono nel mentre stati dogmatizzati ex machina. In genere la Chiesa istituisce delle commissioni pseudoscientifiche che dovrebbero imparzialmente valutare la consistenza miracolosa di un certo evento, al fine di somministrare ai fedeli, dopo un lungo processo di indagine, una bella pastiglia di extrafede che coadiuvi la necessaria preesistente disposizione a.

È comunque assai difficile indagare sul paranormale religioso. Poiché infatti nel paranormale classico -- tavolini che ballano, rabdomanzia, oroscopi -- ci si possono aspettare delle leggi ordinate che governino i fenomeni, tali da renderli riproducibili e osservabili sperimentalmente, nel paranormale religioso la Divinità, burlona, agisce in maniera tale che l'osservatore, che si ponga con metodo razionale critico nell'osservazione del miracolo stesso, è per capriccio divino ingannato nella sua ricerca, perché ad esso si contesta mancanza di fede. Il miracolo religioso è dunque sfuggente, per definizione non indagabile, se lo si vuole considerare con gli occhi del credente.

Dal punto di vista scettico, è necessario invece adottare un approccio non discriminatorio, sia che si tratti di indagare le proprietà mediche del quarzo rosa, sia che si tratti di verificare un fenomeno miracoloso di origine divina. Dal 1858 ad oggi, ad esempio, sono stati migliaia i supposti casi di guarigione per opera della madonna di Lourdes -- il fatto che esistano numerose madonne tutte diverse a seconda del luogo di apparizione, e che si possa a loro rivolgersi come se esse fossero entità indipendenti e discordanti è un curioso effetto del politeismo che è la vera religione praticata dalla gran massa dei fedeli cattolici -- esaminati dalla Chiesa. 67 di questi eventi sono stati dichiarati miracolosi, in una progressione numerica inversamente proporzionale alla conoscenza acquisita con il tempo dalla scienza medica: 37 miracoli sono quelli dichiarati nei primi cinquanta anni dall'apparizione (1858 - 1908), mentre soltanto 5 quelli dichiarati negli ultimi 50 (1960-2010), il più recente dei quali è stato riconosciuto nel 2005 per un caso che però avvenne nel 1952. Lo stesso (curioso) fenomeno si ritrova in generale, anche per quanto riguarda l'aspetto della "potenza miracolosa": i miracoli biblici o comunque quelli avvenuti in epoche assai remote sono decisamente più spettacolari e "improbabili" di quelli che invece la divinità dispensa nelle epoche recenti. Questo speciale carattere degli eventi miracolosi, tra l'altro, produce una palese discriminazione nei confronti, ad esempio, degli amputati i quali non possono sperare nella divina ricrescita del proprio arto -- sebbene possano soltanto in questo confidare nei prodigi dell'ingegneria biomedica -- a differenza dei ciechi o dei malati di cancro che beneficiano di tanto in tanto dei favori della lunatica Madonna (di Lourdes). Per sovrappiù, una rassegna del 1989 elenca 3000 guarigioni spontanee che nulla hanno a che vedere con la religione, e la letteratura medica è piena di articoli che trattano di remissioni spontanee da malattie ritenute incurabili -- guarigioni cosiddette inspiegabili -- che se fossero avvenute nei pressi di un qualche santuario sarebbero senza dubbio state dichiarate miracolose.

Quello che però rimane da chiarire è quanto sopravviverebbe della religione cattolica se, per ipotesi remota, con il progredire della scienza e della conoscenza della natura, gli eventi miracolosi cessassero del tutto. Sarebbe sufficiente un Dio completamente trascendente? Un Dio i quali miracoli sono consegnati alla storia, e che smetta di operare eventi miracolosi? Si dovrebbe dunque credere in un Dio che ha paura di essere smascherato? Perché invece Egli non opera un miracolo incontrovertibile e da tutti osservabile, che so, ad esempio una mucca sospesa a 3 metri da terra in mezzo a Times Square?

La scienza ha il dovere di occuparsi dei fenomeni naturali, e dunque i miracoli e per conseguenza Dio stesso, cadono nel suo campo d'indagine. Questa faccenda spaventa molto quei credenti che però rifiutano di buttare a mare il sapere scientifico in favore della Verità Rivelata. Essi sono anche coloro che ritengono di non aver bisogno dei miracoli per credere, e che di solito non credono ai miracoli non necessari. Essi addirittura sperano che i miracoli cessino del tutto, cosicché la scienza, la ragione, non abbia più la necessità e la possibilità di occuparsi di Dio. Quello che non capisco è perché dunque credere ai miracoli del Vangelo, che sono sicuramente più improbabili e generalmente peggio testimoniati, e dunque richiedono davvero uno sforzo di irrazionalità assai consistente.

mercoledì 1 settembre 2010

A un capo dell'apparecchio

"Hallo, Who am i speakin to?"
....
"Ok, what's your problem?"
....
"Yep." .... "Yess.."
........................
"nope, inside...."
...
"i'm tellin' you"
....
"i'm sure, yes, you have to...."
....
"Nope, they have this sort of..."
....
"i'm not kiddin' "
....
"like a.... nope, more like..."
.....
"ok, thanks for calling"

lunedì 30 agosto 2010

Sulla morale

Ogni giocatore di poker sa che, indipendentemente dalla sorte, egli deve giocare la sua partita seguendo un certo numero di norme generali. La sua bravura consiste nell'adattare questa normativa generale ai casi particolari, valutando le conseguenze delle sue azioni, sia sulla sua propria reputazione che sulla ricompensa che esse produrranno in termini di vincita o perdita di chips, e la reputazione degli avversari secondo razionalità. A me piace pensare alla morale esattamente in questi termini, come un canone di principî da temperare nella realtà sulla base di quanto detto.

Per lungo tempo si è ritenuto, e molti lo ritengono tuttora, che la morale, al contrario, avesse origini divine, e altrimenti non si potesse giustificare. Una considerazione piuttosto singolare, che spesso si è risolta, e si risolve, nell'ammonimento attraverso l'uso di una fantastica punizione o ricompensa ultraterrena, da incassarsi dopo la morte. Questo ammonimento ricorda quelli altrettanto straordinarî e inverosimili che ogni genitore usa per condurre la prole all'età della ragione evitando che essa combini danni irreparabili. La speranza di ogni genitore, dunque, è quella che essi rimangano credibili sufficientemente a lungo da permettere la dissuasione dalle azioni, dirò, malvagie, dei bimbi imbecilli, poiché a essi è difficile inculcare una ragione superiore che giustifichi il bene al di là dell'immediato vantaggio, il quale è sovente sopravvalutato.

Qualunque cosa ne dicano le teologie più raffinate, è esattamente questo il meccanismo che in particolare la Chiesa cattolica e l'Islam nelle sue varie forme hanno usato per irretire e dominare gli istinti popolari votati all'irrequietezza della contingenza. Tale dominio era esercitato al fine perlopiù di garantire la convivenza: i monarchi traevano grandissima parte della loro autorità dall'investitura divina, e le scomuniche somministrate dai vari papi in numerosissime circostanze - le ultime di questo genere furono le ben tre scomuniche che ricevette Vittorio Emanuele II re d'Italia - costituivano un grave vulnus alla regalità del sovrano e all'autorità della quale egli godeva presso il popolo.

Man mano però che lo spirito del tempo cambiava, e si sortiva dall'oscuro obnubilamento della fanciullezza per accostarsi alle scienze sperimentali, alla filosofia razionale, gli inferni e le eterne dannazioni, insieme con i paradisi di vergini o le visioni estatiche di ineffabile descrizione hanno perso di efficacia. Oggi, è molto difficile convincere le persone a ben comportarsi con questo tipo di argomenti, e coloro i quali sbandierano il demonio e le fiamme eterne di fronte all'immoralità vengono considerati alla meno peggio degli eccentrici, o piuttosto matti da legare. Bisogna dire a tal proposito che l'Islam è oggi più capace di utilizzare questi strumenti di convincimento, ma soltanto dove un odierno medioevo culturale è presente, e soltanto attraverso il costante indottrinamento dalla fanciullezza in avanti.

Il ritenere che la morale abbia origine ultraterrena possiede un altro terribile aspetto: la pretesa che il giudizio morale possa essere avulso da qualsiasi contingenza, e che si possa giudicare la moralità sulla base assoluta delle leggi divine. Addirittura, a questo proposito le grandi religioni monoteistiche e alcune altre fanno riferimento a specifici canoni dedotti da testi, cosiddetti sacri, scritti in genere secoli fa. Questo atteggiamento, che è chiaramente retrogrado perché ritiene che ci si debba comportare come era ritenuto corretto comportarsi nell'età del bronzo, o giù di lì, conduce a una illiberalità di fondo, poiché, banalmente, la libertà è una conquista intellettuale relativamente recente, ed essa era assai poco valutata dagli "antichi" ai quali i testi sacri fanno riferimento.

I fenomeni di immoralità diffusa che sono odiernamente presenti possono essere comunque ricondotti alla palese inefficacia del deterrente religioso nel governare i comportamenti individuali. Ormai quasi nessuno più teme i gironi danteschi, e costoro non hanno però altro riferimento morale al quale riferirsi, né trovano ulteriori deterrenti nella legge civile, la quale in numerosissimi casi fornisce un bilancio fra ricompensa ricavata dall'aver agito immoralmente e pena generata dall'aver violato le regole che è comunque positivo. Inoltre, tutti i comportamenti immorali non normati sono comunemente praticati, né si vede la ragione per la quale essi non debbano essere praticati, conducendo i soggetti dell'agire a null'altro che una immediata ricompensa.

Una chiara responsabilità in questa mancanza ce l'hanno tutti coloro che hanno agito moralmente perché hanno trovato la loro morale al di fuori dell'infantilismo religioso, e che però non si sono adoperati perché culturalmente tutto ciò fosse dalla comunità riconosciuto. La potenza di una morale laica deve essere ora chiara: essa è in questa vita, non possiede propaggini ultraterrene.

Ciascuno per sé desidera la felicità, anzi, dirò che deve desiderare la felicità. Come può l'agire morale garantirla è questione non semplice da chiarire, ma che si fonda sul principio della reputazione. Chiunque di noi possegga uno spirito ricco sarà familiare con la sensazione di piacevolezza che è provocata dal riconoscimento del proprio valore nei suoi simili. Dico nei suoi simili per una ragione: l'obiezione più comune che può essere fatta alla "predicazione" di un rigore morale contingente è quella che, detta in uno slogan, i furbi fanno strada. Ebbene però quello spirito elevato del quale si parlava che cura dovrebbe avere se, per ipotesi, una scimmia lo giudicasse poco colto perché il colore della sua biblioteca non le è gradito? La ricompensa deve essere giudicata nella soddisfazione intellettuale, ed essa può essere assai più grande che un'automobile di grossa cilindrata, o una posizione lavorativa di tipo dominante. Inoltre, la cura con la quale si dovrà guardare alla propria reputazione presso i propri simili dovrà essere chiaramente assai più pronunciata di quella con la quale si guarda alla propria reputazione presso coloro che giudicano secondo parametri pseudomorali derivati dalle ricompense materiali.

Il costante, quotidiano, rigore morale è un esercizio assai oneroso, soprattutto perché, come ho detto, è molto difficile valutarne le immediate ricadute. La reputazione è un oggetto complesso da fabbricare, e assai fragile. Esso può rompersi per un'inezia, dopo magari anni di lavoro. Ciò nonostante, soltanto questo esercizio può garantire una vita soddisfacente, poiché l'unico piacere duraturo del quale disponiamo è la stima dei nostri simili e la frequentazione di essi sulla base del reciproco riconoscimento di valore.

Abbandoniamo dunque la fanciullezza acritica, rifiutiamo la perniciosa morale d'origine divina, e dedichiamoci a coltivare quest'altra, che è fondata nel mondo, ed è, meravigliosamente, umana.

una lunga discussione qui su FriendFeed

giovedì 29 luglio 2010

Complottismi

C'è una maniera di pensare, che alcuni biologi ritengono sia un retaggio evolutivo, che ama attribuire al grande complotto, alle trame oscure, tutto ciò che non si sa capire del reale. Questa maniera di pensare è assai diffusa in verità. Essa, inoltre, si declina in diversi modi.

In questo blog ho avuto modo di occuparmi del complottismo che deriva dall'ignoranza scientifica, che può essere più o meno innocuo. Le scie chimiche, la conquista della luna, il signoraggio, le medicine "alternative", il NWO, il Molise, sono tutte credenze assai correlate - tanto che la loro intersezione è assai popolata di individui - e che nascono dall'incapacità morale di ergersi al di sopra dell'ignoranza. Anche la religione, per una gran parte, è figlia di una maniera di pensare piuttosto simile, io credo, al pensiero complottista: una ragione superiore che spieghi il mondo, che assolva dalle responsabilità individuali, che impedisca l'iniziativa individuale per migliorare il mondo.

Scrivo però questo post per segnalare un altro odioso genere di complottismo, che ha un suo guru qui in Italia nel signor Massimiliano Frassi. Questo genere di complottismo si fonda sulla credenza che al mondo esista una lobby di pedofili che lavora nell'oscurità per garantirsi l'impunità, per guadagnare sulla pedopornografia, per operare politicamente perché la pedofilia divenga una pratica socialmente accettata. Il caso famosissimo di Rignano Flaminio è un celebre esempio di isteria collettiva che persone debitamente motivate sono in grado di provocare, soprattutto su un argomento così sensibile.

Un blogger molto famoso, che chiamerò Coso, si è occupato sporadicamente del caso di Massimiliano Frassi nel suo scontro giudiziario con Stefano Zanetti, che aveva un blog di debunking, se così possiamo chiamarlo, nel quale metteva in evidenza alcune peculiarità del Frassi, oltre che una serie di dati su alcune sentenze, ma non mi dilungo ché non è questo il punto.

Il punto è che Coso, su Indymedia Roma e Lombardia, è stato diffamato e calunniato. E' stata pubblicata la sua foto - "questa è la sua lurida faccia di pedofilo" - ed è stato minacciato. Con nome e cognome, è comparso su Google assieme all'accusa di pedofilo. Per di più, Coso di mestiere insegna alle scuole medie, ed è facilmente comprensibile quanto questa faccenda possa essere pericolosa. Questa è una delle tipiche reazioni che i seguaci del complottismo esercitano di fronte allo spirito critico. Scrivo dunque questo post per manifestare la mia solidarietà a Coso, e rinnovare ancora una volta l'invito allo scetticismo, applicato a tutti gli aspetti della conoscenza.

dell'affaire coso ne hanno parlato anche Thomas Morton, Woland, Livefast, m.fisk e pure altri che mò ripesco in giro. Forzacoso.

domenica 25 luglio 2010

Sulla storia e sulle fonti, una similitudine di un certo azzardo

Immaginate per un momento che Silvio Berlusconi sia incriminato, rinchiuso nelle patrie galere e infine, in prigionia, muoia in circostanze misteriose. Immaginate il clamore dopo la sua morte, con molti suoi fedelissimi che lo avevano già tradito e abbandonato, e molti altri invece, pochi in verità, riunitisi in una fondazione commemorativa con lo scopo di tramandare le sue gesta e il suo valore. Essi produrranno numerosi testi, anche non concordanti fra di loro, che narreranno in maniera parziale le sue gesta, riportando episodi non verificati che però renderanno quei testi agiografie edificanti. Essi avranno una fonte comune, però, in una biografia patinata che Berlusconi aveva inviato nelle case degli Italiani quando era ancora in vita. Supponete ora che si verifichi un'enorme cataclisma mondiale, come a esempio una guerra, o la vittoria di Beppe Grillo alle elezioni politiche. Intere nazioni distrutte, bombardamenti con bombe EMP che cancelleranno tutti gli hard disk dei server ove erano custoditi documenti storici, emeroteche digitali e tutto il sapere storico digitalizzato dell'uomo.

Alcune copie cartacee delle opere dei seguaci di Berlusconi però verranno rinvenute dagli archeologi, assieme a dei frammenti della fonte. Alcune di esse verranno rese sinottiche, verranno quindi tradotte e forniranno nuova linfa a delle sette di adoratori di Berlusconi che avevano trovato origine dopo la sua scomparsa. Numerose conversioni si verificheranno di fronte alla testimonianza scritta dei miracoli che l'unto dal Signore, il Cristo, aveva operato: la ricostruzione di una città dopo un terremoto, la sparizione dei sacchi di immondizia, la vittoria della Champions League con Pippo Inzaghi in attacco, la moltiplicazione della coca e delle escort. La nuova religione si diffonderà capillarmente nell'impero, fino a essere così praticata che sembrerà assurdo persino chiedere che le immagini di Berlusconi, appese in tutte le aule scolastiche del mondo, siano rimosse.

Che assurdità eh?

(nota per i vari Belpietro e compagnia: non è un post su Berlusconi e non ne desidero la morte, anzi spero che sopravviva a lungo alla sua rovina sebbene io non sia così ottimista)

giovedì 8 luglio 2010

Infinite Jest

perché è un libro adorabile:

Dwayne R. Glynn
176 N. Faneuil Blvd.
Stoneham, Mass. 021808754/4
21 giugno, ADPCDCDA

Sezione Accertamento Incidenti sul Lavoro
State Farm Insurance
1 State Farm Plaza
Normal, III. 617062262/6

Egregi Signori,

La presente fa seguito alla Vostra richiesta di maggiori informazioni. Nella sezione n. 3 del modulo di denuncia ho riportato come causa dell’incidente “tentativo di svolgere il lavoro da solo”. Nella Vostra lettera scrivete che dovrei spiegarmi meglio e spero che i seguenti dettagli siano sufficienti.

Di mestiere faccio il muratore. Il giorno dell’incidente, 27 marzo u.s., lavoravo da solo sul tetto di un nuovo edificio a sei piani. Quando completai il lavoro, scoprii che mi erano avanzati circa 900 kg di mattoni.

Invece di portare giù i mattoni a mano, che è un’impresa laboriosa, decisi di metterli in un grosso barile e calarlo per mezzo di una puleggia che era attaccata sul lato dell’edificio al sesto piano. Dopo aver assicurato la fune al pianoterra tornai sul tetto, spostai il barile lasciandolo sospeso in aria e vi caricai i mattoni. Poi tornai a terra e slegai la fune, tenendola ben stretta per far scendere piano i 900 kg di mattoni. Come risulta dalla sezione n. 11 del modulo incidente io peso 75 kg.

A causa della sorpresa nell’essere strappato al suolo così all’improvviso, non ebbi la prontezza di spirito di lasciare andare la corda. Dunque salii a grande velocità lungo il lato dell’edificio. In prossimità del terzo piano incontrai il barile nella sua fase di discesa. Questo spiega la frattura del cranio e della clavicola.

Rallentato appena da quest’incontro continuai la mia rapida ascesa finché le dita della mia mano destra si incastrarono nella puleggia fino alla seconda nocca. Fortunatamente, a questo punto avevo riacquistato la mia presenza di spirito e riuscii così a reggermi forte alla fune nonostante il grande dolore. Più o meno allo stesso tempo, però, il barile di mattoni colpì il suolo e perse il fondo a causa della forza di impatto.

Senza il peso dei mattoni, il barile pesava ora approssimativamente 30 kg. Vi rimando ancora alla sezione n. 11 in cui si dice che peso 75 kg. Come potete immaginare, sempre mantenendo la mia presa sulla fune iniziai una discesa piuttosto rapida dalla puleggia lungo il lato dell’edificio. In prossimità del terzo piano incontrai il barile in fase di risalita. Questo spiega la frattura di ambo le caviglie e la lacerazione di gambe e parte inferiore del corpo.

L’incontro con la carriola mi rallentò abbastanza da diminuire di molto l’impatto col terreno ricoperto di mattoni sotto di me. Tuttavia sono spiacente di riferire che, mentre giacevo sui mattoni in preda a grande dolore, incapace di alzarmi o muovermi, vidi il barile vuoto sei piani sopra di me e persi di nuovo la prontezza di spirito e sfortunatamente lasciai andare la fune, cosicché il barile cominciò a -



DFW - Infinite Jest, pp. 165-166

giovedì 1 luglio 2010

Di due vecchi, dell'invidia, e di un nodo ben riuscito

Bastava arrampicarsi sulla branda e allungare il collo ben bene, per arrivare alla finestrella – sarà stata larga tre palmi – della cella, l'unica, a guardar fuori. Né che ne valesse la pena, in quella lurida periferia di una città ancora più lurida, che manco a nominarla, d'attrezzarsi in questa maniera, che forse era meglio buttar lo sguardo di là in corridoio, col linoleum verde, e la guardia in fondo, quando stava, a infilarsi dita nel naso o a grattarsi il culo.

Prima c'era un tizio con me, che la cella è da due posti, almeno. Un coglione, questo. Sempre a parlare che lui era uno che aveva il rispetto, e le altre stronzate. E' morto, s'è ammazzato col gas, ma io non c'ero mica. Non è che prima ci guardassi fuori. Una o due volte. Quando stai da solo però tutto il cazzo di giorno, o dormi, o guardi il secondino, o guardi fuori. Non ci guardavo perché ad arrampicarmi parevo un coglione pure io, che l'ho già detto che devi pure allungare il collo, vaffanculo.

Fuori ci stava la periferia, e proprio davanti un cortiletto, una panchina, un platano nero di fumo delle macchine, e due vecchi. La panchina – di quelle di legno ma senza il ferro battuto di lato - stava in ombra, quando per via dell'albero, quando per via del platano. Solo un'ora, dopo mezzogiorno, al sole. E i vecchi, sopra la panchina, neri di fumo delle macchine, stavano all'ombra. Tutti i giorni questi pigliavano, chi cazzo lo sa se perfino si conoscessero, e se ne andavano alla panchina. Se ne stavano la mattina il tempo dell'ombra, il pomeriggio il tempo dell'ombra, fino alla sera, che faceva buio e io ho sempre pensato che se ne andassero, ma non si vedeva e poteva pure darsi che se ne stavano là al buio. Pareva a me che nemmeno parlassero: gesticolare non gesticolavano. Può darsi che avessero le pantofole ai piedi – dovevano abitare vicino – e comunque si strascinavano le gambe come i vecchi della peggior specie, quelli che è meglio che muoiono prima di arrivarci alla vecchiaia. Nemmeno li distinguevo, quei due, così ho sempre pensato che ognuno avesse un lato della panchina, come due cazzo di fottutissimi sposi si scelgono il lato del letto una volta all'inizio, che è l'unica cosa davvero che ti rimane per sempre, del matrimonio. Che cazzo, vederli lì tutti i santi giorni, cristo, ancora mi fa incazzare e non lo so che mi pigliava. Un coglione, col collo allungato a spiare due vecchi. Certe volte, dico, le situazioni ti fanno avere invidia persino di questo, di due pensionati senza faccende e dell'ombra nera di fumo delle macchine di un luridissimo albero di periferia.

Poi uno non lo può sapere come va la vita delle persone, tanto meno la propria. A me, quando m'hanno portato via da quella cella, che ho preso la libertà vigilata, è andata così: che mi guardavo indietro e - controluce i lacci annodati alle sbarre – pensavo che il nodo scorreva proprio bene. E uno meglio di quello chissà se mi riesce.

venerdì 25 giugno 2010

GoogleCL, Google da riga di comando


Sto scrivendo un post con il pacchetto appena rilasciato, GoogleCL, che permette di utilizzare numerosi servizi di Google, come ad esempio Picasa oppure GoogleCal, direttamente da terminale, con l'esecuzione di semplici comandi. Il codice lo trovate qui ed è disponibile per Windows, Mac e Linux.

mercoledì 23 giugno 2010

Sull'istruzione e anche sulla cultura, se viene

Si discuteva di questa questione delle lingue morte - sì, certo, il Vaticano, ma insomma, il Vaticano è morto pure lui quindi niente - e del fatto che son morte, che pigliano un sacco di tempo, che non servono a imparare un mestiere, oppure niente, che formano la mente, che abituano alla logica, all'applicazione, che so. Per via del fatto che ci stanno gli esami di maturità; li chiamano così.

Il fatto è che in questa questione, come un po' in tutte le questioni specialmente qua da noi che votiamo certa gente, non si può mica discutere, in particolare perché ci stanno una serie di talebaniclassicisti, che, come il Papa s'attacca a patella su quelle poche questioni che ancora si ha paura di affrontare razionalmente - la morte mi pare un esempio calzante - e che dunque s'affrontano colla forza della tradizione, così i talebaniclassicisti, pure. Ah, talebanoclassicista è una parola macedonia, me l'ha insegnato un mio amico classicista, un piccoletto.

Poi si sentono delle cose che, insomma, tipo: studiare il greco e il latino aiuta la logica. Seri. No, dai. Esiste una cosa, si chiama logica. E' una scienza. C'è la logica dialettica, c'è pure quella antidialettica, che nessuno che non capisca un po' di fisica quantistica capisce. Studiamo quella no? Le inferenze, quelle cose lì. Insomma, una versione di Silio Italico non ha niente di logico. Cioè, pare che certe volte lo facevano apposta, e la chiamavano retorica.

Poi niente, dicono che studiare le lingue morte serve ad aprire la mente. Studiare filosofia serve ad aprire la mente, studiare matematica serve ad aprire la mente. Studiare tutto serve ad aprire la mente. Anche questa cosa la chiamano cultura.

Dall'altra parte invece dicono che niente, non ti insegna un mestiere e non serve alla vita pratica, boh, non saprei come definire quel concetto per il quale gli uomini valgono in base a quello che riescono a produrre, tipo per esempio produrre le Panda a Pomigliano. Insomma, a parte alcune specifiche eccezioni, tipo che nemmeno me ne vengono in mente, nessuna materia imparata a scuola ti insegna un mestiere. La matematica non serve a fare le cose, in sé. Ma nemmeno cinque anni di ingegneria, mica ti insegnano a fare l'ingegnere. Le basi, ma quali basi? Per fare il lavoro che ti fanno fare chiamandoti ingegnere servono toh, un par di settimane di sbattimento con quelle quattro cazzate aziendali. Non molto di più che un corso di formazione per operatori dei call center.

Dicono pure che tutto questo sforzo e niente, non sforniamo latinisti, ellenisti, grechisti come direbbe Agamennone. Insomma, questo dipende principalmente dal fatto che ci sono le persone, ed è tipicamente difficile insegnare alle persone. E' già tanto se, in mezzo a un certo numero di persone, ne cavi fuori una decente, che riesca a capire che forse è meglio che si dedichi ad altro, piuttosto che a diventare ellenista-latinista.

Il fatto è questo. Che il latino, il greco, sono belle materie. Quei tizi in gamba che poi fanno altro lo sanno, se ne accorgono. Una bella materia è la matematica, e altrettanto la filosofia. Gli scacchi, anche. Dànno soddisfazione intellettuale, che è il nutrimento di qualunque cervello onesto. In un posto che si chiama Stato Liberale, ciascuno ha il diritto di trovare soddisfazione, felicità pure, dove meglio crede. E in nessuna misura si può credere di poter rinunciare gratuitamente a una parte della libertà dei propri cittadini in favore dell'economia, qualunque cosa questa parola voglia dire. Ogni rinuncia di libertà è un grosso prezzo, e deve essere considerata per quello che è.

Tra tutti gli studenti, gli scolari, che si applicano allo studio delle materie classiche, e delle lingue morte, una parte di essi, in qualche momento, avrà provato felicità. Di essa, a meno che non abbiano la fortuna di fare lo "studioso" e ricevere un compenso capace di garantire la sopravvivenza, oppure la fortuna di poter mettere da parte qualche momento libero dal tempo lavorativo e attinente per studiare, questi scolari conservano la memoria preziosa.

Questo post non giustifica in nessuna maniera coloro che s'aggirano per il mondo fieri di non capire un cazzo di matematica, ma di ricordarsi in quali guise Lesbia sapeva succhiare l'uccello di Catullo. Quelli li considero al pari di Bossi Jr.

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martedì 22 giugno 2010

Esame di maturità

Traccia: "i giovani e la politica"
Svolgimento: "Aridatece Berlinguer."

martedì 15 giugno 2010

Sulla vendita del corpo

Utilizzare l'espressione "vendita del (vendere il) proprio corpo", oltre che produrre un fremito di indignazione nello spirito di molti, si riferisce in particolar modo, se trascuriamo quella pratica pure assai diffusa del commercio di parti materiali del corpo, ovvero gli organi, o quell'altra fantasiosa pratica indiana della vendita anticipata del proprio cadavere, al deplorato uso di concedere in affitto per qualche secondo, minuto od ora, e non entrerò nel merito delle differenti estensioni temporali appena designate, il proprio (i propri) organo sessuale a chiunque sia in grado di pagare sufficientemente. La cosiddetta pratica della prostituzione.

Alla stessa maniera, sotto opportuno compenso, si possono concedere in affitto i propri malleoli, le proprie articolazioni, le proprie braccia, le proprie mani, ovvero il proprio ingegno, che in questa occasione chiamerò cervello, per qualche secondo, minuto o molto più spesso per diverse ore continuativamente. La cosiddetta pratica del lavoro.

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mercoledì 19 maggio 2010

PD: 15 proposte di slogan

"PD: manca la fregna" - Fassbinder
"ENLARGE YOUR PD" - Lucah
"zeru tituli"
"Po' esse fero. Giuro." - Cyb
"vediamo le persone morte" - Isola Virtuale
"Non abbiamo idea" - gondolanera
"Prepariamo anche pizze da asporto." - Roberto (gravitazero)
"Che fai, ci cacci?" - Woland
"Hai spicci?" - Skizo[tonic] - Eva
"404 Not Found" - Roberto (gravitazero)
"epperò nun ve sta mai bene 'ncazzo"
"Da bravi, il papà e la mamma stanno discutendo" - gondolanera
"tanto stamo pagati per un po' "
"diamo indietro il culo"
"Pd: strapazzaci di coccole"

ne trovate diverse altre qua

domenica 25 aprile 2010

Democrazia e Fascismi

Dicono il fascismo e poi dicono la democrazia. Due cose, prima una e poi l'altra, quasi una contro l'altra. E bene, oggi che è 25 aprile ve lo dico. Vi dico che il fascismo, anzi, i fascismi sono stati le più sincere espressioni democratiche conosciute dall'uomo, che se ne abbia memoria almeno.
Ecco:Si vede, no?

Molti più di quelli, la maggioranza, dico, hanno costruito il regime di Mussolini. Egli era, in definitiva, la più concreta e coerente espressione popolare possibile. Di fronte a quella pazzia, democraticamente legittima, non si frappose nessuna limitazione. L'espressione del popolo, pura e semplice. Guardatela com'è tronfia, com'è dozzinale, com'è persino grottesca, ecco:

Volevano essere come lui. Quasi tutti. Quegli altri erano frangie minoritarie, perlopiù traditori e quelli che rimanevano stupidi. Ed ora questi, guardateli:


Questi qua erano di meno. Proprio così. Ne erano pochi, un'oligarchia, o forse meglio, un'aristocrazia. Nessuna elezione avrebbe dato loro il mandato popolare, e infatti hanno il fucile e le granate. Eppure la retorica democratica li prende a modello, e al contrario rigetta quelli di su.

Il fatto è questo, che libertà e democrazia son due cose distinte. Nessuna relazione intercorre tra loro, infatti quanto più la democrazia è limitata tanto più gli spazi di libertà aumentano. La Costituzione, d'altro canto, che cos'è, di fatto? Una limitazione imposta alla semplice sovranità popolare. Tu popolo eserciti la tua violenza (Kratòs - forza), ma solo nel ristretto dominio disegnato dalla Costituzione, che non è stata espressione democratica, ma espressione oligarchica, o, come s'è detto, aristocratica.

Di più, le pulsioni popolari anelano sempre alla dittatura, al pensiero unico. Per una ragione aritmetica e di psicologia delle masse.

Dunque è necessario ripulire l'ideologia democratica dalle incrostazioni retoriche per mostrarla chiaramente per quello che è. L'obiettivo, in definitiva, deve essere la libertà, che non può che consistere che nel poter fare ciò che si deve volere.

martedì 6 aprile 2010

La Chiesa è un'organizzazione reazionaria e altro non potrebbe essere

La schiavitù fu un istituto umanamente terribile e che però sostenne le economie dei popoli fino a quasi tutto il XIX secolo, in maniera sostanziale. La Grecia cosiddetta democratica contava un rapporto uomini liberi / schiavi di 1 a 4, ad Atene, ed ancora inferiore a Sparta, tanto che gli Spartiati dovevano regolarmente decimare a colpi di spada la popolazione non libera, per evitare che un così generoso soprannumero potesse sopraffarli.

La schiavitù ha convissuto fianco a fianco con il liberalismo inglese, anche dopo la rivoluzione di Cromwell. Per la prima volta si tentò di abolirla nella memorabile seduta della Convenzione giacobina del 16 piovoso, quando l'appassionato intervento del deputato Cambon convinse l'assemblea a considerare pari e liberi uomini anche coloro che, essendo di colore, potevano sembrare poco adatti ad essere considerati umani. La schiavitù tuttavia fu ripristinata, con conseguenze talvolta singolari, più tardi da Napoleone. Eppure i Francesi volevano distinguersi da quelli Inglesi del Nuovo Mondo che basavano il loro sistema democratico sulla stessa Sacra Scrittura. Cambon, per l'appunto, terminò il suo intervento alla Convenzione con le parole: "L'Inglese è morto. Lanciata la libertà nel Nuovo Mondo essa vi porterà frutti abbondanti e vi pianterà radici profonde."

E quali giustificazioni bibliche dunque seppero mantenere in maniera così naturale al fianco del liberalismo più progressista e moderno di allora, quello inglese, che però era fondato sull'anglicanesimo come principio costitutore, la così orrenda schiavitù umana?

Dice l'apostolo Paolo:

"Schiavi, ubbidite a quelli che vi sono padroni secondo la carne, con timore e con tremore, in semplicità di cuore, come se obbediste a Cristo, serviteli con affezione, come se si trattasse del Signore e non di uomini, ben sapendo che ognuno, schiavo o libero, del bene che avrà fatto riceverà la retribuzione del Signore."
Lettera agli Efesini (6, 5-9)
"Ciascuno rimanga nella condizione che il Signore gli ha assegnato" (Prima lettera ai Corinzi, (7,20)). E' questa la massima che si potrebbe dire fondativa della religione cattolica nella sua espressione politica più sincera. Non v'è teologia della liberazione che tenga innanzi alla promessa dell'aldilà, l'infame promessa.

La vita vera non è questa. Questa è un test d'ingresso. Una parentesi effimera. In questa vi si assegna dei ruoli che dovrete sostenere. Se siete ricchi dovrete dimostrarvi di buon cuore, se siete poveri dovrete sopportare con pazienza, e soprattutto con mitezza, una virtù delle più importanti.

Quale meraviglia allora che dovunque e in qualsiasi tempo se ne presentò, e se ne presenta l'occasione, la chiesa si trovi a suo perfetto agio nell'alleanza stretta con le componenti più reazionarie del ceto politico, come ha dimostrato recentemente l'elogio della Lega espresso dal monsignor Rino Fisichella.

Ed è per questa protratta illusione di egualitarismo che anima oggi la gran massa dei credenti cattolici, che dirò e non temerò di ripetere che la base cattolica è buona per pisciarci su.

giovedì 25 febbraio 2010

Politichese for dummies #1

Bisognerà strutturare la figura all'interno del partito: se è aggratis non lo faccio.

Credo che dovremmo costruire un progetto politico insieme: ho qualcosa da offrirti, ti conviene stare con me.

E' necessario pensare al futuro di questo partito: se le prossime liste elettorali non mi metti in cima, ti faccio passare i guai.

giovedì 28 gennaio 2010

Il sesso della vita

Volete fare sul senso della vita, su voi stessi e sul mondo, su Dio l'aldilà l'anima e il fritto misto? Fatele pure qua: http://www.formspring.me/Fpunto, vi risponderà una persona qualificata e gentile.

Oggi vi parlo di Gesù

Gesù, l'uomo, il mito. Gesù ne hanno scritto in tanti, perché a tutti gli effetti è un soggetto interessante. E' sicuramente paragonabile al Che, come impatto d'immagine, sebbene sia vissuto diversi anni prima.

Gesù non ha lasciato scritto niente, un po' come Socrate. Socrate, però, aveva un allievo che sapeva scrivere, e per questo conosciamo il pensiero e la poetica di Socrate, ed alcuni dettagli della sua vita, ad esempio che aveva una moglie megera, il che non è poco.

Al tempo di Gesù, c'è da dire, le città distavano tra di loro numerosi giorni di cammino nel deserto, non come da noi che le città distano tra di loro numerosi giorni di treno nell'asfalto. Questo fatto che a voi poveracci può parere una inezia, che vi farà borbottare davanti allo schermo perché non si viene al punto, eppure al tempo di allora a quelli lì non pareva un'inezia, soprattutto perché la reputazione che uno si costruiva era affidata ai mercanti coi calli ai piedi, o con i cammelli ai piedi coi calli ai piedi, insomma. Essi raccontavano un po' nelle città che visitavano, anche per vendere meglio la merce, una serie di fandonie mica da ridere, tipo il fatto che Bettega sarebbe tornato a far vincere la Juve, così potevano rimettere in scaffale la maglia di Del Piero. Bene.

A questo punto, al giorno d'oggi, c'è un sacco di gente che dice: "Gesù dice questo Gesù vuole quello", oppure, se vuole toccare le vostre corde, dice: "Gesù se non fai questo, o quello, piange". Lo legge, o lo ricava meglio, dal vangelo quello che Gesù era diceva voleva.

Il vangelo, perciò stesso, sarebbe come Gesù solo che scritto invece che scultura. C'è un fatto. Che, per esempio, il vangelo sono quattro, come le colonne che reggono la terra, e nemmeno tanto concordanti tra di loro. Perdipiù, non è che sono proprio quattro. Cioè quattro sono quelli che piacciono a certe chiese, cioè a certe assemblee di persone che con Gesù non hanno avuto nulla a che fare, nel senso che al tempo di Gesù loro l'avrebbero crocifisso proprio come tutti, insomma. Ad esempio, il vangelo di Matteo non lo ha scritto Matteo, e questo mi pare ovvio, ma un anonimo del I secolo, in greco. Questo Vangelo è quello che ci tiene a ribadire che Gesù era ebreo, senza la punta dell'uccello e tutto il resto.

Il Vangelo di Marco, guarda un po', è di autore anonimo anch'esso. Copiato da due fonti, pure questo data fine primo secolo, e la sua caratteristica più importante è che l'autore ci tiene a ribadire che i discepoli erano tutti babbei. Questo vangelo fu scritto per i non ebrei, infatti è assai didascalico e spiega dettagliatamente un sacco di inutili tradizioni del popolo eletto.

Il Vangelo di Luca fu scritto attorno al 90. Sì, dopo Cristo, sciocchi. Da uno coi soldi cristiano romano, lo stesso che ci ha triturato le palle con gli Atti degli Apostoli che nessuno legge per via della mancanza di effetti speciali considerevoli, se non qualche apparizione ogni tanto. Questo Vangelo parla di ottimismo e Spirito Santo, e con tutta probabilità fu commissionato dalla Euronics.

Infine il Vangelo di Giovanni, che non descrivo per via della tendinite al polso sinistro che mi tedia. Tendinite da chitarra, non da seghe, per via che è al polso sinistro.

Tutto questo per dire che in fondo Gesù boh chi lo conosce, chi lo sa se era uno buono oppure sempre coi cazzi girati. Se era uno colla testa a posto oppure uno che girava colla sua banda di briganti a terrorizzare le vecchiette e fare lo scherzone del citofono. Questo non lo si sa, non si sa nemmeno se fosse etero o gay, e se dovessimo giudicare dalla compagnia della quale si circondava, beh, aposiopesi.

Una cosa dovrebbe insospettire, questo sì. Alla fine tutti scelgono Barabba.

venerdì 1 gennaio 2010

il pessimismo cosmico

Insomma va scritto il post del primo dell'anno, quello dei buoni sentimenti, un po' malinconico o forse nostalgico, quello introspettivo di analisi e bilancio, quello che chiude con una nota positiva, quello insomma.

Ma non sono mica il tipo da quelle robe lì io. Mò vi dico un segreto che se lo dite in giro nessuno vi crede: non cambia un cazzo. Proprio così, non cambiate voi, minchioni, e non cambiano gli altri. E non cambia il mondo. Esso mica se ne accorge, di San Gregorio e del suo calendarietto da quattro soldi. Esso va dove gli vien meglio.

E dove andava prima, continuerà ad andare. E, per dirla tutta, la "speranza", quella cagata che dici: "le cose andranno meglio" senza un motivo uno del perché dovrebbero. Quella lì mi fa imbufalire. In bocca al Presidente della Repubblica, ma pure nel cazzo di facebook. Apritelo un po', il social lì. Non vi fa imbestialire? Un'orda di felici deficienti che pigliano calci in culo tutta la vita aspettando il primo dell'anno per stamparsi un sorriso ebete in faccia.

Vabbé, il pessimismo cosmico, il nichilismo quello che al papa non gli garba. D'accordo. Voi festeggiate quanto vi pare. Io qua mi faccio un amaro.