martedì 15 giugno 2010

Sulla vendita del corpo

Utilizzare l'espressione "vendita del (vendere il) proprio corpo", oltre che produrre un fremito di indignazione nello spirito di molti, si riferisce in particolar modo, se trascuriamo quella pratica pure assai diffusa del commercio di parti materiali del corpo, ovvero gli organi, o quell'altra fantasiosa pratica indiana della vendita anticipata del proprio cadavere, al deplorato uso di concedere in affitto per qualche secondo, minuto od ora, e non entrerò nel merito delle differenti estensioni temporali appena designate, il proprio (i propri) organo sessuale a chiunque sia in grado di pagare sufficientemente. La cosiddetta pratica della prostituzione.

Alla stessa maniera, sotto opportuno compenso, si possono concedere in affitto i propri malleoli, le proprie articolazioni, le proprie braccia, le proprie mani, ovvero il proprio ingegno, che in questa occasione chiamerò cervello, per qualche secondo, minuto o molto più spesso per diverse ore continuativamente. La cosiddetta pratica del lavoro.

Qui su FriendFeed

2 commenti:

Ragno ha detto...

se presti il corpo sei una puttana/gigolò, se presti il cervello sei un onesto lavoratore?

Ah sì, onesto perchè guadagni molto meno...

Greg Petrelli ha detto...

La pratica di vendere in anticipo il proprio corpo è splendida! Chi ti compra spera che ti succeda un incidente o che ti venga il cancro (mica troppo esteso però, poi i tuoi organi si svalutano e li comprano solo i dottori Neonazisti in argentina!) E comunque col cazzo che il lavoro rende liberi. Oppure Il lavoro rende liberi col cazzo, o anche: il lavoro col cazzo rende liberi

see you