giovedì 1 luglio 2010

Di due vecchi, dell'invidia, e di un nodo ben riuscito

Bastava arrampicarsi sulla branda e allungare il collo ben bene, per arrivare alla finestrella – sarà stata larga tre palmi – della cella, l'unica, a guardar fuori. Né che ne valesse la pena, in quella lurida periferia di una città ancora più lurida, che manco a nominarla, d'attrezzarsi in questa maniera, che forse era meglio buttar lo sguardo di là in corridoio, col linoleum verde, e la guardia in fondo, quando stava, a infilarsi dita nel naso o a grattarsi il culo.

Prima c'era un tizio con me, che la cella è da due posti, almeno. Un coglione, questo. Sempre a parlare che lui era uno che aveva il rispetto, e le altre stronzate. E' morto, s'è ammazzato col gas, ma io non c'ero mica. Non è che prima ci guardassi fuori. Una o due volte. Quando stai da solo però tutto il cazzo di giorno, o dormi, o guardi il secondino, o guardi fuori. Non ci guardavo perché ad arrampicarmi parevo un coglione pure io, che l'ho già detto che devi pure allungare il collo, vaffanculo.

Fuori ci stava la periferia, e proprio davanti un cortiletto, una panchina, un platano nero di fumo delle macchine, e due vecchi. La panchina – di quelle di legno ma senza il ferro battuto di lato - stava in ombra, quando per via dell'albero, quando per via del platano. Solo un'ora, dopo mezzogiorno, al sole. E i vecchi, sopra la panchina, neri di fumo delle macchine, stavano all'ombra. Tutti i giorni questi pigliavano, chi cazzo lo sa se perfino si conoscessero, e se ne andavano alla panchina. Se ne stavano la mattina il tempo dell'ombra, il pomeriggio il tempo dell'ombra, fino alla sera, che faceva buio e io ho sempre pensato che se ne andassero, ma non si vedeva e poteva pure darsi che se ne stavano là al buio. Pareva a me che nemmeno parlassero: gesticolare non gesticolavano. Può darsi che avessero le pantofole ai piedi – dovevano abitare vicino – e comunque si strascinavano le gambe come i vecchi della peggior specie, quelli che è meglio che muoiono prima di arrivarci alla vecchiaia. Nemmeno li distinguevo, quei due, così ho sempre pensato che ognuno avesse un lato della panchina, come due cazzo di fottutissimi sposi si scelgono il lato del letto una volta all'inizio, che è l'unica cosa davvero che ti rimane per sempre, del matrimonio. Che cazzo, vederli lì tutti i santi giorni, cristo, ancora mi fa incazzare e non lo so che mi pigliava. Un coglione, col collo allungato a spiare due vecchi. Certe volte, dico, le situazioni ti fanno avere invidia persino di questo, di due pensionati senza faccende e dell'ombra nera di fumo delle macchine di un luridissimo albero di periferia.

Poi uno non lo può sapere come va la vita delle persone, tanto meno la propria. A me, quando m'hanno portato via da quella cella, che ho preso la libertà vigilata, è andata così: che mi guardavo indietro e - controluce i lacci annodati alle sbarre – pensavo che il nodo scorreva proprio bene. E uno meglio di quello chissà se mi riesce.

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