giovedì 5 gennaio 2012

Senza capo né coda

Alcune premesse

Tutto ciò che si può ritenere vero o falso a proposito di quale sia la migliore possibile delle società degli uomini, in termini storici o potenziali, non può essere in alcun modo provato né dedotto, sebbene si possa argomentare in un senso o nell'altro con innumerevoli rivolgimenti, oppure presentare, in una maniera o nell'altra, un certo numero di esempi, i quali possono essere interpretati e ricondotti a interpretazioni diversissime; le molte convinzioni che vi affollano la testolina andrebbero messe in discussione, se interessa. Altrimenti:

Questo post è destinato a un pubblico adulto.

Non mi appassiona proporre alcunché di positivo circa la migliore organizzazione sociale, né in termini teorici né in termini pratici. Potrebbe invece interessarmi criticare alcune delle premesse a riguardo, ma soprattutto in relazione a ciò che dovrebbe toccare l'individuo piuttosto che la collettività, la quale è un'entità piuttosto astratta e difficile da mettere in relazione con l'individuo stesso in termini sostanziali.

È piuttosto freddo e la tastiera di questo portatile ha visto anni migliori. Tutto ciò vi interessa nella misura in cui troverete un certo numero di errori tipografici. Non me ne scuso.

Un certo svolgimento

Quale che sia la condizione esistenziale di ciascuno di noi, si può concordare che essa sia in una certa notevole misura influenzata dalla società di uomini che ci assedia. Qualcuno potrebbe addirittura inoltrarsi innanzi ad affermare che essa ne è determinata. Dell'ultima questione ne faremo a meno, soprattutto perché è di nessun interesse pratico; la precedente ci costringe ad interessarci dell'argomento di questo post. Quanto detto potrebbe in via preliminare esser considerato banale, ma in questo caso sarà necessario non essere eccessivamete ermetici: molti affermano, e credono addirittura, che la costituzione, l'amministrazione dello Stato e la direzione della vita pubblica debbano orientarsi al bene della collettività. Questa credenza mi appare insensata, poiché nessuno di noi sa bene cosa farsene della collettività.


È necessario dubitare di affermazioni quali "lo Stato siamo noi", poiché in definitiva gli individui sono tutto ciò che conosciamo. Io posso con una certa sicurezza - lasciamo fuori per pietà il problema della conoscenza - riferirmi a Marco o a Clara; con una sicurezza un po' più incerta mi riferirò alla famiglia Rossi, e con nessuna cognizione alla comunità dei Torinesi. È richiesto un deciso conato di astrazione soltanto per immaginare, per traslato, una certa media ponderata dei concernimenti che interessano quella tale comunità.


Supponendo di poter agguantare questi concernimenti per poterli osservare da vicino, nessuno di essi si rivolge ad alcun individuo in particolare, poiché si dice che la politica del particolare contingente è una politica di scarso valore, e il buon politico la evita. La questione, per venire a dir qualcosa, è questa dunque: i problemi della collettività non sono di interesse individuale, finché non intervengono a modificare la vita pratica di un certo numero di individui. Al di là dell'ovvietà quasi tautologica della questione, queste considerazioni potrebbero condurre a pensare che l'organizzazione della società umana debba essere improntata al carattere dell'efficienza, ovvero l'economia.


Da qui, a balzelli, si può procedere fino a voler individuare quale sistema politico sia valorosamente economico, ovvero come organizzare gli individui nella loro vita individuale affinché in un compromesso essi possano essere messi nelle migliori condizioni di vita con il minimo sacrificio. Tutto ciò conduce con sé una serie di problemi ontologici di terribile portata: quali sacrifici possono essere accettabili? Cosa si intende per migliore condizione di vita? In tutta franchezza tutto ciò è mortalmente noioso, in principio perché è una discussione accademica, e in secondo luogo perché non è questo il punto.


Sono con irragionevole certezza perfino disposto ad affermare che il liberismo non è un sistema economico, e che in via - molto - teorica un'organizzazione della società di tipo non-liberista conduce a un sistema economico. Non è questo il punto. Perché, come dicevo prima, l'individuo se ne deve fregare della collettività, nella misura in cui a lui essa non interessa.


Prendiamo a esempio il caso delle prescrizioni mediche obbligatorie. Esse limitano la libertà di un certo numero di individui che vorrebbero andare in farmacia a comperarsi un certo farmaco, poiché lo Stato (?) crede che gli stessi non siano in grado di scegliere facendo il bene della comunità, o peggio poiché fanno del male a se stessi. Nel secondo caso, lo Stato (?) impone una certa morale: l'auto-inflizione di danni fisici è immorale e la sola possibilità ti viene vietata. Nel primo caso, invece, lo Stato agisce sulla base di considerazioni che riguardano il bene della collettività: dopo aver prelevato una certa quantità di ricchezza da un certo numero di individui per provvedere alla loro salute, lo Stato ritiene ingiusto che essa venga utilizzata per provvedere alla salute di coloro che l'hanno da soli danneggiata, e per questi motivi ritiene di dover evitare, attraverso una proibizione, che un certo numero di individui usufruiscano della ricchezza a loro e ad altri prelevata. Nella vera essenza, al di là di una certa serie di sfumature che dovreste ritenere inessenziali con un minimo sforzo di intelletto, è quello che succede. In entrambi i casi la proibizione si risolve in un giudizio morale.


È evidente come al buon individuo, il quale è prima individuo che cittadino, che vuole andare a comperarsi il suo nimesulide per il mal di testa che gli rovina l'esistenza, questo giudizio morale apriori da parte di qualcuno, che è anche difficile da andare a prendere a cazzotti, è odioso.

Questo piccolo rappresentativo esempio, che si può estendere a un numero consistente di altri casi (le cinture di sicurezza, le misure di sicurezza sul lavoro, la sindacalizzazione e molto altro), mi condurrà invece a parlare delle tasse in sé.


Delle tasse si può dire in definitiva che sono uno strumento di redistribuzione del reddito. Esse sono infatti un prelievo di ricchezza che un'organizzazione di persone a partecipazione obbligatoria impone ai suoi iscritti al fine di fornire una serie di servizi che, va da sé, coloro che potrebbero in ogni caso permetterseli pagano anche per coloro che non potrebbero permetterseli.


Alcune finte conclusioni

Il giudizio morale sotteso a tutto ciò è null'altro che questo: è giusto che tutti provvedano ai bisogni più o meno essenziali di tutti. Questa scelta non è demandata alla morale di ciascuno, ma è obbligatoria per tutti. Una parte della nostra moralità è sacrificata sull'altare della convivenza. Con ciò non voglio affermare che in assoluto le tasse siano il Male, poiché non esiste nessun compromesso inaccettabile, ma ciascuna scelta morale deve essere valutata sulla base delle circostanze esistenziali soggiacenti. In questo caso, addirittura, nessuna scelta morale può essere valutata se non quella di operare atti di ribellione fiscale, che si portano dietro una serie di conseguenze spiacevoli che non ci permettono di valutare obiettivamente questa opzione come scelta morale neutra, in relazione a quanto detto prima. Sulla base di questo sistema sociale, la cura del proprio prossimo nei suoi bisogni essenziali dovrebbe essere sottratta alla moralità degli individui.



Per tirar le somme, a me pare che ogni azione dello Stato equivalga a un giudizio morale assoluto, il quale di per sé è fuor di giustizia. Alle estreme conseguenze, immaginare un sistema di organizzazione sociale, che può anche configurarsi come economico, totalmente e pervasivamente statalizzato equivale sottoporre completamente la vita individuale a giudizi morali che per loro sostanza non possono che essere odiosi, e una vita vissuta nell'odio dell'imposizione morale non può essere una vita felice, per quanto provvista di ogni comodità.

1 commento:

Sphera ha detto...

Io avevo proposto di diventare apolidi. Poi, si sa, nessuno mi dà retta.
http://spherasfera.blogspot.com/