giovedì 5 novembre 2009

Carità cristiana

C'è voluta la storia del crocifisso per rimediare ancora una volta alla favoletta della tolleranza e della carità cristiana, ma andiamo con ordine.

Come ci è finito il crocifisso nelle sale scolastiche? Ce lo ricorda la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo:

L’ obbligo di esporre il crocifisso nelle aule risale a un’epoca precedente all’unità d’Italia.

Infatti, l’articolo 140 del Regio Decreto n. 4336 del 15 settembre 1860 del Regno di Piemonte e Sardegna stabiliva che «ogni scuola dovrà senza difetto essere fornita (…) di un crocifisso».

Nel 1861, anno di nascita dello Stato italiano, lo Statuto del Regno di Piemonte e Sardegna diventava lo Statuto italiano.

Enunciava tra l’altro che che «la religione cattolica apostolica e romana (era) la sola religione d Stato. Gli altri culti esistenti (erano) tollerati in conformità con la legge».

La presa di Roma da parte dell’esercito italiano, il 20 settembre 1870, a seguito del quale Roma fu proclamata capitale del nuovo Regno d’ Italia, causò una crisi delle relazioni tra lo Stato e la Chiesa cattolica.

Con la legge n. 214 del 13 maggio 1871, lo Stato italiano regolamentò unilateralmente le relazioni con la Chiesa ed accordò al Papa un certo numero di privilegi per lo svolgimento regolare dell’attività religiosa.

All’avvento del fascismo lo Stato adottò una serie di circolari miranti a fare rispettare l’obbligo di esporre il crocifisso nelle aule.

La circolare del ministero della Pubblica istruzione n. 68 del 22 novembre il 1922 recitava: «In questi ultimi anni, in molte scuole primarie del Regno l’immagine di Cristo ed il ritratto del Re sono stati tolti. Ciò costituisce una violazione manifesta e non tollerabile e soprattutto un danno alla religione dominante dello Stato così come all’unità della nazione. Intimiamo allora a tutte le amministrazioni comunali del regno l’ordine di ristabilire nelle scuole che ne sono sprovviste i due simboli incoronati della fede e del sentimento patriottico».

La circolare del ministero della Pubblica Istruzione n. 2134-1867 del 26 maggio 1926 affermava: «Il simbolo della nostra religione, tanto per la fede quanto per il sentimento nazionale, esorta e ispira la gioventù che nelle università e negli altri istituti superiori affina il suo spirito e la sua intelligenza in previsione delle alte cariche alle quali è destinata».

L’articolo 118 del Regio Decreto n. 965 del 30 aprile 1924 (regolamento interno degli istituti d’istruzione secondari del Regno) recitava: «Ogni scuola deve avere la bandiera nazionale, ogni aula il crocifisso e il ritratto del Re».

L’articolo 119 del Regio Decreto n. 1297 del 26 aprile 1928 (Approvazione di regolamento generale dei servizi d’insegnamento elementare) stabiliva che il crocifisso era fra «le attrezzature e materiali necessari alle sale di classe di scuole».

Le successive leggi nazionali Italiane non hanno mai abolito queste due disposizioni rimaste dunque sempre in vigore e applicabili al caso di specie.

Dunque parliamo di decreti di fine Ottocento ripristinati durante il ventennio fascista, e stiamo parlando di uno Stato che riconosceva che "la religione cattolica apostolica e romana (era) la sola religione di Stato. Gli altri culti esistenti (erano) tollerati in conformità con la legge". Nel frattempo le cose sono cambiate, e la Costituzione della Repubblica Italiana promulgata il 1° gennaio del 1948 ed attualmente in vigore, al contrario, sancisce quello che segue:
art.3 (1) Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
art.7 (1) Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
art.8 (1) Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Questi tre articoli riassumono il concetto ormai usurato di laicità. Poiché lo Stato deve mantenersi equidistante e garante di tutti i cittadini, non potendo distinguere questi per il loro credo, deve alla stessa maniera considerare le religioni ed i personali convincimenti aventi pari dignità.

Questa pari dignità è garantita esponendo il crocifisso in un luogo pubblico di istruzione?
Per rispondere a questa domanda è necessario chiedersi quale significato positivo risiede nell'esposizione in un luogo deputato all'istruzione pubblica di uno specifico simbolo, qualunque esso sia. Non è ovviamente sufficiente addurre motivazioni negative, poiché si sta proponendo qualcosa: non è sufficiente, vale a dire, affermare che "siccome c'è sempre stato, perché toglierlo". A questa domanda il governo ha dovuto rispondere nella sua difesa presso la Corte dei Diritti. Queste sono le motivazioni prodotte:

1 - Se il crocifisso è certamente un simbolo religioso, riveste tuttavia anche altri significati. Avrebbe anche un significato etico, comprensibile ed apprezzabile indipendentemente dall’adesione alla tradizione religiosa o storica poiché evoca principi che possono essere condivisi anche da quanti non professano la fede cristiana (non violenza, uguale dignità di tutti gli esseri umani, giustizia, primato dell’individuo sul gruppo, amore per il prossimo e perdono dei nemici).

Dunque il crocifisso va a posto non come simbolo religioso, ma come emblema di una cultura fondata sulla non violenza, sulla pari dignità, sulla giustizia, sul primato dell'individuo, sull'amore per il prossimo e sul perdono dei peccati. Andando con ordine, chiunque abbia una minima conoscenza della cultura prima cristiana e poi cattolica, sa che la pari dignità fra ebrei e "gentili" è un mito, così come tutt'oggi è un mito la pari dignità fra donne ed uomini. Inoltre, la religione non prevede affatto pari dignità fra credenti e non credenti.

In secondo luogo, parliamo di giustizia. La stessa storia evangelica è il supremo simbolo di ingiustizia per il nostro comune sentire il diritto: un essere onnipotente sacrifica il suo figlio, non molto convinto, per riparare ad una colpa commessa da altri che ricade di generazione in generazione. Dunque si espia una colpa per il tramite di una pena comminata ad un innocente. Quale tribunale considererebbe questa storia esempio di giustizia?

Il primato dell'individuo, di nuovo, cozza con i Vangeli, che sono l'unica testimonianza, tra l'altro della figura di Cristo, sebbene una testimonianza assolutamente priva di credibilità storica. L'individuo si annulla di fronte alla suprema autorità divina, ed è lo stesso Cristo, sulla croce, che giudica conoscendo tutto chi sarà salvato e chi no. D'altronde è connaturato nella stessa religione il principio di totalitarismo. Nessuna religione positiva può accettare il primato dell'individuo come valore.

Per quanto riguarda l'amore per il prossimo e per i nemici, mi basterà citare uno dei tanti commenti dei sostenitori del crocefisso, che evidentemente li ha ispirati in tutt'altri valori:

Stato laico un cazzo. La costituzione scritta dalle zecche comuniste non ha alcun valore e presto sarà cambiata. L’Italia è uno Stato Cristiano per tradizione ultra-millenaria. Chi tocca il Crocefisso (ma anche solo chi mette in discussione la cosa), Polonio-210 subito. La cagna finlandese è e RESTA finlandese: altro aspetto della costituzione che verrà cambiato. Non è con un timbro che si diventa Italiani.

od anche:

FUCILAZIONE PER I TRADITORI DELLA TRADIZIONE!

[to be continued...]


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1 commento:

markogts ha detto...

La cagna finlandese è e RESTA finlandese

E' davanti a soggetti simili che godo come un cane del mio essere nato in Italia, da genitori nati in Italia*, cittadino ITALIANO ma di etnìa SLOVENA. A gente così la mia semplice esistenza (non quello che dico o faccio, solo quello che SONO) li manda in corto circuito.

(*i bisnonni no, quelli sono nati a Triest, ricca capitale economica dell'impero Austroungarico, ormai estinta)