Però però quest'affermazione sbrigativa non fa giustizia a uno dei più equi arbitri dell'economia e dell'allocazione delle risorse, che è il prezzo e la sua genesi. Tanto non gli si fa giustizia, e tanto non si comprende quali effettivamente sono i meccanismi che regolano il libero mercato, che poi non ci capitano che avversari della famigerata mano invisibile, ed ecco che ci ritroviamo in un mercato tutt'altro che libero: pensate soltanto a quante quote, dazi, tariffari imposti e altre maniere di corrompere il prezzo di mercato ci siamo inventati, e che impediscono la libera contrattazione.
Insomma, volevo scrivere un pezzo sul valore etico del prezzo liberamente determinato, o per dirla altrimenti perorare la causa etica del libero mercato contro le spinte stataliste, dittatoriali, burocratofile, ispirato da alcune lezioni di Hayek sulla valore della conoscenza e la disponibilità di informazioni nel mercato, ma ho il sospetto che senza un'introduzione adeguata non si capirebbe granché, quindi senza far torto allo spirito didattico e didascalico, mi appropinquo.
Cominciando da qualche veloce definizione, la "domanda" è la relazione che esiste fra la quantità richiesta (di un bene) e il suo prezzo. La curva della domanda dipende dall'utilità marginale che ogni individuo ha per ogni successiva unità del bene offerto. La domanda di un bene è infine la somma delle domande individuali per ciascun bene. Caratteristicamente, la relazione fra prezzo e quantità è inversa: potremmo semplificare dicendo che è inversamente proporzionale. Dunque, al crescere del prezzo diminuisce la quantità richiesta. Fin qui banalità. Il perché invece la curva sia fatta in questa maniera risiede nella cosiddetta teoria dell'utilità marginale. Si suppone, per farla semplice, che io sia disposto a pagare una certa cifra per una mela, meno del doppio per due mele, ancora meno per la terza mela e così via. Ovvero l'utilità individuale per ogni unità aggiuntiva decresce sempre. Secondo questo ragionamento si può costruire una curva della domanda individuale di mele, ad esempio per la prima mela io sarò disposto a pagare 10, ma due mele al massimo 18, tre mele 24 e così via, così che il prezzo unitario decresce al crescere della quantità.
L'offerta, inoltre, è la relazione che esiste fra la quantità offerta (di un bene) e il suo prezzo. La curva dell'offerta dipende invece dal costo marginale - ovvero il costo per ogni singola aggiuntiva unità di bene, o quello che nella teoria della costificazione aziendale si chiama costo variabile - e, oltre un certo punto, la relazione fra quantità e prezzo è direttamente proporzionale, poiché i costi marginali di produzione crescono con il crescere della quantità prodotta. Dunque un'impresa produrrà un bene aggiuntivo solo se il prezzo per quel bene è pari o uguale al costo variabile economico dell'unità aggiuntiva. Ne consegue che più aumenta il prezzo del bene sul mercato, più unità di bene l'industria è disposta a produrre. La somma dei costi marginali di tutte le imprese del mercato detto genera la curva dell'offerta.
Non voglio andare troppo nel dettaglio su come si costruiscono queste curve, cosa peraltro piuttosto semplice da capire, perché, come si dovrebbe intuire dal titolo, il punto del post è un altro. Però questi semplici concetti servono anche a dimostrare, al di là dell'efficienza nell'allocazione delle risorse del libero mercato, anche l'incredibile equità del meccanismo che si auto-regola.
Nell'immagine che segue trovate un esempio casuale di come potrebbero apparire le curve di domanda e offerta, e il loro punto di incontro, che, effettivamente, determina il prezzo e la quantità scambiata del bene in oggetto (supponiamo sia fosforo).
Perché il punto di incontro delle due curve indica poi il prezzo di mercato e la quantità scambiata? Ragionando per assurdo, se il prezzo fosse più alto, diciamo 600$ per tonnellata, le industrie vorrebbero produrre circa 215 tonnellate di fosforo, mentre a quello stesso prezzo gli acquirenti sarebbero disposti ad acquistare soltanto 65 tonnellate. Rimarrebbero nei magazzini 150 tonnellate di fosforo invendute (un surplus di offerta), e gli offerenti sarebbero costretti ad abbassare il prezzo man mano per venderle, comunque mantenendo un surplus di invenduto (uno spreco e una diseconomia per l'impresa stessa).
Al contrario, se il prezzo fosse più basso del prezzo di equilibrio, si genererebbe un deficit di produzione, e ci sarebbero ancora compratori disposti a pagare di più per accedere al bene. Questo stimolerebbe ulteriore offerta a prezzo più alto, perché il costo marginale delle quantità successive è coperto e i produttori continuerebbero a fare profitto economico. Dunque il prezzo tornerebbe al livello di equilibrio.
Dunque quando i prezzi non sono fissati dal libero mercato competitivo, ma da un agente esterno, generano surplus di produzione oppure carenza di beni. Nel primo caso, pensate per esempio all'imposizione di un salario minimo (che è come imporre un prezzo minimo, dove l'offerta è chi cerca lavoro). Detta imposizione, se il salario è superiore al punto di equilibrio, genera un surplus di lavoratori rispetto alla domanda, ovvero disoccupazione. Gli occupati fortunati guadagneranno di più di quello che avrebbero guadagnato in condizioni di libero mercato, ma nessuno garantisce che essi saranno proprio i più bisognosi (in genere succede il contrario). Se invece è inferiore non ha effetti se non di introdurre qualche inefficienza di tipo burocratico (per esempio qualcuno che controlli che detti salari minimi siano rispettati).
Nel caso opposto, l'esempio classico è il price cap (ovvero il prezzo massimo). Un esempio famoso è quello del pane: se ne fisso il prezzo massimo per ragioni "umanitarie", ovvero perché tutti devono avere accesso al pane, ottengo l'effetto opposto. Infatti se il prezzo massimo è inferiore al prezzo di equilibrio i produttori di pane produrranno meno di quanto il mercato richiede (analogamente all'esempio del fosforo). Poiché però il prezzo è fissato per legge, nessun fornaio avrà incentivo a produrre di più, visto che ogni chilo aggiuntivo di pane dovrebbe essere venduto a meno di quello che è costato produrlo. Si avrà dunque una carenza di pane, e soltanto pochi riusciranno ad acquistarlo. Con tutta probabilità lo acquisterà proprio chi ha più mezzi economici per ottenerlo, farne incetta e successivamente rivenderlo a un prezzo più alto sul mercato nero, con il risultato di avere meno pane del voluto e a un prezzo più caro di quello che si otterrebbe con un libero mercato.
Queste distorsioni sono causate dal fatto che nessun burocrate è in grado di predeterminare un prezzo e una quantità equi per un bene, essendo per lui impossibile accedere a tutte le informazioni sulle condizioni di scelta individuale per l'acquisto del bene stesso. Ma su questo, che è poi l'argomento centrale, tornerò nel prossimo post.
Il grafico riportato sopra non deve essere certo considerato come immutabile, perché le curve della domanda e dell'offerta cambiano continuamente al variare delle condizioni al contorno.
Fattori che possono modificare la curva della domanda sono ad esempio mutate condizioni di reddito, la disponibilità di adeguati prodotti sostitutivi, le tasse sul reddito, l'aspettativa di reddito futura... Fattori che possono invece modificare la curva dell'offerta sono avanzamenti tecnologici, cambi di politica fiscale, aumentate disponibilità di capitale...
Tornando al caso del fosforo, esso viene usato nei fosfati per la concimazione. Il prezzo è salito molto perché man mano le risorse minerali stanno diminuendo. Supponiamo che questo abbia spostato la curva dell'offerta nella posizione della figura precedente. Le imprese sono in questo caso incentivate a cercare nuove tecnologie e nuovi giacimenti per ricavare fosforo (di converso contribuendo alla crescita economica, ma anche questo è un argomento interessante e altrettanto off-topic). Inoltre gli utilizzatori di fosfati saranno alla ricerca di prodotti sostitutivi soddisfacenti. I due sforzi combinati, quando hanno successo, spostano le curve della domanda e dell'offerta nella maniera seguente:
Nella figura vediamo che la scoperta di prodotti sostitutivi dei fosfati ha spostato la curva della domanda a sinistra e l'ha resa meno "price elastic", ovvero più ripida. Questo perché ora la quantità richiesta è diminuita, ma sono diminuite le possibilità di accedere convenientemente a prodotti sostitutivi (che sono già in uso), e di conseguenza anche grandi cambiamenti di prezzo non modificano di tanto la quantità richiesta, non potendo più sostituire facilmente l'ammanco di fosforo. Il prezzo e le quantità scambiate sono diminuite.
Supponendo ora che i produttori abbiano trovato maniere più efficaci per cercare minerali ricchi di fosforo, o altre maniere di ottenerlo (ad esempio le ossa animali possono essere lavorate per ricavare fosforo), anche la curva dell'offerta si sposterà più in basso e a destra.
Si è raggiunto un nuovo equilibrio a una quantità più alta e a un prezzo più basso.
Chiaramente per i casi d'esempio si parla di mercati totalmente competitivi, dove il prodotto (il fosforo) non è differenziabile, ovvero è una commodity. In questi mercati i produttori sono "price taker", dunque non sono in grado in alcun modo di influenzare il prezzo. Vi sono altri mercati (competizione monopolistica) in cui una più o meno importante differenziazione consente agli offerenti una qualche capacità di imporre un prezzo diverso (più alto) dal prezzo di equilibrio di un tipico mercato competitivo, ma nei limiti della sostituibilità del prodotto offerto.
Quello che mi premeva sottolineare, per ora, di tutta questa filastrocca, è che gli spostamenti delle curve di domanda e offerta derivano da cambiamenti nelle utilità o nei costi marginali. Queste informazioni non sono note che a chi realizza la decisione (di comprare o di vendere), e al momento stesso della decisione, in una preferenza dimostrata (consiglio a tal proposito "Toward a Reconstruction of Utility and Welfare Economics" di Rothbard), e non è possibile per nessuno, tranne che per il mercato, possedere questa preziosa conoscenza. Al di là dunque dei meccanismi specifici e del modello sopra esposto, si può ricavare una lezione di senso più profondo, che non solo ci giustifica l'efficienza economica nell'allocazione delle risorse del libero mercato, ma ce lo rende, appunto "inspiring as well as right", così come Nozick definisce lo Stato minimo. [to be continued...]