Dicono il fascismo e poi dicono la democrazia. Due cose, prima una e poi l'altra, quasi una contro l'altra. E bene, oggi che è 25 aprile ve lo dico. Vi dico che il fascismo, anzi, i fascismi sono stati le più sincere espressioni democratiche conosciute dall'uomo, che se ne abbia memoria almeno.
Ecco:Si vede, no?
Molti più di quelli, la maggioranza, dico, hanno costruito il regime di Mussolini. Egli era, in definitiva, la più concreta e coerente espressione popolare possibile. Di fronte a quella pazzia, democraticamente legittima, non si frappose nessuna limitazione. L'espressione del popolo, pura e semplice. Guardatela com'è tronfia, com'è dozzinale, com'è persino grottesca, ecco:
Volevano essere come lui. Quasi tutti. Quegli altri erano frangie minoritarie, perlopiù traditori e quelli che rimanevano stupidi. Ed ora questi, guardateli:
Questi qua erano di meno. Proprio così. Ne erano pochi, un'oligarchia, o forse meglio, un'aristocrazia. Nessuna elezione avrebbe dato loro il mandato popolare, e infatti hanno il fucile e le granate. Eppure la retorica democratica li prende a modello, e al contrario rigetta quelli di su.
Il fatto è questo, che libertà e democrazia son due cose distinte. Nessuna relazione intercorre tra loro, infatti quanto più la democrazia è limitata tanto più gli spazi di libertà aumentano. La Costituzione, d'altro canto, che cos'è, di fatto? Una limitazione imposta alla semplice sovranità popolare. Tu popolo eserciti la tua violenza (Kratòs - forza), ma solo nel ristretto dominio disegnato dalla Costituzione, che non è stata espressione democratica, ma espressione oligarchica, o, come s'è detto, aristocratica.
Di più, le pulsioni popolari anelano sempre alla dittatura, al pensiero unico. Per una ragione aritmetica e di psicologia delle masse.
Dunque è necessario ripulire l'ideologia democratica dalle incrostazioni retoriche per mostrarla chiaramente per quello che è. L'obiettivo, in definitiva, deve essere la libertà, che non può che consistere che nel poter fare ciò che si deve volere.
domenica 25 aprile 2010
martedì 6 aprile 2010
La Chiesa è un'organizzazione reazionaria e altro non potrebbe essere
La schiavitù fu un istituto umanamente terribile e che però sostenne le economie dei popoli fino a quasi tutto il XIX secolo, in maniera sostanziale. La Grecia cosiddetta democratica contava un rapporto uomini liberi / schiavi di 1 a 4, ad Atene, ed ancora inferiore a Sparta, tanto che gli Spartiati dovevano regolarmente decimare a colpi di spada la popolazione non libera, per evitare che un così generoso soprannumero potesse sopraffarli.
La schiavitù ha convissuto fianco a fianco con il liberalismo inglese, anche dopo la rivoluzione di Cromwell. Per la prima volta si tentò di abolirla nella memorabile seduta della Convenzione giacobina del 16 piovoso, quando l'appassionato intervento del deputato Cambon convinse l'assemblea a considerare pari e liberi uomini anche coloro che, essendo di colore, potevano sembrare poco adatti ad essere considerati umani. La schiavitù tuttavia fu ripristinata, con conseguenze talvolta singolari, più tardi da Napoleone. Eppure i Francesi volevano distinguersi da quelli Inglesi del Nuovo Mondo che basavano il loro sistema democratico sulla stessa Sacra Scrittura. Cambon, per l'appunto, terminò il suo intervento alla Convenzione con le parole: "L'Inglese è morto. Lanciata la libertà nel Nuovo Mondo essa vi porterà frutti abbondanti e vi pianterà radici profonde."
E quali giustificazioni bibliche dunque seppero mantenere in maniera così naturale al fianco del liberalismo più progressista e moderno di allora, quello inglese, che però era fondato sull'anglicanesimo come principio costitutore, la così orrenda schiavitù umana?
Dice l'apostolo Paolo:
La vita vera non è questa. Questa è un test d'ingresso. Una parentesi effimera. In questa vi si assegna dei ruoli che dovrete sostenere. Se siete ricchi dovrete dimostrarvi di buon cuore, se siete poveri dovrete sopportare con pazienza, e soprattutto con mitezza, una virtù delle più importanti.
Quale meraviglia allora che dovunque e in qualsiasi tempo se ne presentò, e se ne presenta l'occasione, la chiesa si trovi a suo perfetto agio nell'alleanza stretta con le componenti più reazionarie del ceto politico, come ha dimostrato recentemente l'elogio della Lega espresso dal monsignor Rino Fisichella.
Ed è per questa protratta illusione di egualitarismo che anima oggi la gran massa dei credenti cattolici, che dirò e non temerò di ripetere che la base cattolica è buona per pisciarci su.
La schiavitù ha convissuto fianco a fianco con il liberalismo inglese, anche dopo la rivoluzione di Cromwell. Per la prima volta si tentò di abolirla nella memorabile seduta della Convenzione giacobina del 16 piovoso, quando l'appassionato intervento del deputato Cambon convinse l'assemblea a considerare pari e liberi uomini anche coloro che, essendo di colore, potevano sembrare poco adatti ad essere considerati umani. La schiavitù tuttavia fu ripristinata, con conseguenze talvolta singolari, più tardi da Napoleone. Eppure i Francesi volevano distinguersi da quelli Inglesi del Nuovo Mondo che basavano il loro sistema democratico sulla stessa Sacra Scrittura. Cambon, per l'appunto, terminò il suo intervento alla Convenzione con le parole: "L'Inglese è morto. Lanciata la libertà nel Nuovo Mondo essa vi porterà frutti abbondanti e vi pianterà radici profonde."
E quali giustificazioni bibliche dunque seppero mantenere in maniera così naturale al fianco del liberalismo più progressista e moderno di allora, quello inglese, che però era fondato sull'anglicanesimo come principio costitutore, la così orrenda schiavitù umana?
Dice l'apostolo Paolo:
"Schiavi, ubbidite a quelli che vi sono padroni secondo la carne, con timore e con tremore, in semplicità di cuore, come se obbediste a Cristo, serviteli con affezione, come se si trattasse del Signore e non di uomini, ben sapendo che ognuno, schiavo o libero, del bene che avrà fatto riceverà la retribuzione del Signore.""Ciascuno rimanga nella condizione che il Signore gli ha assegnato" (Prima lettera ai Corinzi, (7,20)). E' questa la massima che si potrebbe dire fondativa della religione cattolica nella sua espressione politica più sincera. Non v'è teologia della liberazione che tenga innanzi alla promessa dell'aldilà, l'infame promessa.
Lettera agli Efesini (6, 5-9)
La vita vera non è questa. Questa è un test d'ingresso. Una parentesi effimera. In questa vi si assegna dei ruoli che dovrete sostenere. Se siete ricchi dovrete dimostrarvi di buon cuore, se siete poveri dovrete sopportare con pazienza, e soprattutto con mitezza, una virtù delle più importanti.
Quale meraviglia allora che dovunque e in qualsiasi tempo se ne presentò, e se ne presenta l'occasione, la chiesa si trovi a suo perfetto agio nell'alleanza stretta con le componenti più reazionarie del ceto politico, come ha dimostrato recentemente l'elogio della Lega espresso dal monsignor Rino Fisichella.
Ed è per questa protratta illusione di egualitarismo che anima oggi la gran massa dei credenti cattolici, che dirò e non temerò di ripetere che la base cattolica è buona per pisciarci su.
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